Il segretario Spp Aldo Di Giacomo denuncia: “Sono 1244 i detenuti “anziani” dietro le sbarre nonostante la legge preveda diversamente.
Napoli – Carceri sovraffollate, anche con un numero di detenuti over 70. Gli ultrasettantenni negli istituti penitenziari italiani sono in costante crescita, nonostante la legge preveda che – in via ordinaria – 70 anni sia il limite massimo per la privazione della libertà per motivi di giustizia. Il detenuto di quasi 93 anni che da Poggioreale ora è in detenzione domiciliare in una struttura adeguata “conferma che negli istituti penitenziari italiani c’è una popolazione carceraria di età avanzata che per la gran parte dovrebbe seguire la stessa sorte”, rileva Aldo Di Giacomo, segretario generale del Spp riferendo che al 30 giugno scorso, secondo i dati più aggiornati del ministero della Giustizia, i detenuti con 70 anni e oltre sono 1.244 di cui 115 nelle carceri campane.
”Anche se la classificazione per età fatta dal ministero non consente di disporre di un dato differenziato sui detenuti con 80 anni ed oltre, ci sono comunque decine di questi casi. Purtroppo il suicidio dell’83enne di Maschito avvenuto a luglio nel carcere di Potenza dove era detenuto nonostante avesse dato chiari segnali di instabilità mentale – aggiunge – è stato già rimosso ed invece dovrebbe suscitare quanto meno una ricerca e analisi più attenta dei detenuti con 80 anni ed oltre e sui relativi casi di detenzione domiciliare. Il grave sovraffollamento si supera anche in questo modo”. L’art. 47 ter, comma 1, dell’ordinamento penitenziario prevede che la pena detentiva inflitta ad una persona che abbia compiuto i settanta anni di età “può essere espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza”. Questa ipotesi di detenzione domiciliare ha una finalità umanitaria dettata dalla circostanza che il superamento di una certa soglia di età comporta delle difficoltà maggiori per chi si trova in carcere.
Invece, fa notare Di Giacomo, i “detenuti sono aumentati di 15mila unità con una media di circa 300 al mese, sono complessivamente 61.480 e sono cresciuti di 1.314 unità in un semestre (+2,2%) e di 3.955 in un anno (con un tasso pari a +6,8%), a fronte di 47.067 posti regolarmente disponibili, per un indice di sovraffollamento pari al 130,59%, e di contro il personale è diminuito (per effetto dei pensionamenti) di 18mila unità, solo in piccolissima parte compensato da nuove assunzioni”. Il risultato? “Dall’inizio dell’anno l’emergenza carcere ha raggiunto il livello storico più allarmante di sempre determinando una situazione del tutto fuori dal controllo dello Stato. Basti pensare che da gennaio ad oggi si è raggiunto il numero più alto in assoluto di morti in carcere, 191 di cui 76 suicidi con diversi casi in cui la morte è ancora da accertare”.
Questi numeri, denuncia il segretario della polizia penitenziaria, “fanno diventare, inequivocabilmente, le carceri italiane le peggiori in Europa e le avvicinano a quelle sudamericane, come del resto confermano le continue sentenze di condanna per lo Stato Italiano da parte degli organismi dell’Ue in materia giustizia e sistema penale. Ma la situazione si scarica pesantemente in primo luogo sul personale penitenziario – circa 31mila in servizio – con un forte sottodimensionamento degli organici: su 5mila assunzioni avvenute con
questo Governo per concorsi, almeno 4mila sono bruciati da pensionamenti con una media di 200 pre-pensionamenti l’anno”.
Far tornare in carcere un “ottantenne con tutti i problemi di sovraffollamento e di emergenza che ci sono, è pura follia”, aveva tuonato Di Giacomo a maggio scorso di fronte a un caso di questo tipo. Senza entrare nel merito del provvedimento disposto dall’Ufficio esecuzione penale della Corte di Appello di Napoli che aveva disposto la cessazione della detenzione domiciliare a cui era sottoposto un detenuto, con il ripristino dello stato detentivo per l’espiazione di un cumulo di pene (per i reati di droga e bancarotta fraudolenta) complessivo di 8 anni e 4 mesi di reclusione da scontare 4 anni e 10 mesi di reclusione. “Per un ottantenne la conferma degli arresti domiciliari avrebbero garantito comunque l’espiazione della pena”, aveva fatto notare.
Non è l’unico caso. Al 2023 i detenuti in carcere con 70 anni e più erano 1208 (di cui 38 donne), mentre quelli da 60 a 69 anni erano 4835. “Questo comporta – aggiunge Di Giacomo – grandi problemi prima di tutto di assistenza sanitaria e cura per buona parte degli over 70enni che, nell’80%, hanno particolari problemi di salute mentre negli istituti è ben nota la carenza di medici e personale sanitario. Tra le malattie più frequenti quelle infettive che interessano il 48% dei detenuti”. “A seguire i disturbi psichiatrici (32%), le malattie osteoarticolari (17%), quelle cardiovascolari (16%), problemi metabolici (11%) e dermatologici (10%) – prosegue – Ancora, nelle carceri italiane il 40,3 per cento dei detenuti assume sedativi e ipnotici, il 20 per cento stabilizzanti dell’umore: ma solo il 9,3 per cento della popolazione carceraria ha diagnosi psichiatriche gravi”.
“Infine c’è il tema della tossicodipendenza: un detenuto su tre ha una qualche dipendenza da sostanze stupefacenti. Un quadro allarmante che – continua Di Giacomo – dovrebbe orientare i magistrati per non appesantire la situazione tanto più che i detenuti anziani, ad eccezione dei capo clan e uomini di spicco della criminalità organizzata, vivono la detenzione in condizioni di maggiore difficoltà. Tutto questo aggravando il già pesante lavoro del personale penitenziario che in molti casi deve fare da ‘badante’ ai più anziani”. Insomma, nonostante l’articolo 47 ter, le patrie galere ospitano diversi ultrasettantacinquenni.