Carceri: focus ‘Rapporto Diritti’ tra suicidi, sovraffollamento e qualche passo avanti

Il dossier, ideato e curato dalla Onlus A Buon Diritto, evidenzia tra luci e ombre la situazione in cui versano i penitenziari italiani.

Roma – Nel 2023, “si è registrato un numero preoccupante di suicidi, spesso da parte di detenuti giovani. Nel 2024 si è raggiunto il numero record di 88 suicidi”. Lo mette nero su bianco il ‘Rapporto sullo stato dei diritti in Italia’. Il dossier, ideato e curato da A Buon Diritto – Onlus presieduta da Luigi Manconi. Il ‘Rapporto’ è arrivato quest’anno al suo X anniversario, e presenta il monitoraggio delle principali novità normative, evidenziando – si aggiunge – “gli eventuali arretramenti riscontrati nel riconoscimento di alcuni diritti, le iniziative e le proposte da intraprendere per la loro tutela in riferimento al biennio 2023-2024”.

Nella parte relativa alla detenzione emerge che “nel 2023 si è registrato un aumento delle persone private di libertà nelle carceri italiane, nonostante una riduzione dei reati (-5,5% rispetto al 2022). L’aumento non corrisponde a un incremento del numero dei reati commessi, ma è legato principalmente all’ampliamento delle fattispecie penali e l’inasprimento delle leggi. Si registra che il 32% dei detenuti totali del nostro paese sono stranieri. Il numero di suicidi in carcere nelle carceri Italiane è e rimane elevato: circa 18 volte superiore al tasso di suicidi extramurari. In materia di minori – si aggiunge – il Decreto Legge numero 123 del 15 settembre 2023, conosciuto inizialmente come ‘Decreto Caivano’ ha avuto l’effetto di condurre in carcere molti minori. Già il 30 aprile 2024, 7 su 17 istituti penitenziari minorili ospitavano minori per un numero superiore ai posti disponibili”.

Il report evidenzia che le “condizioni detentive restano, così, drammatiche per effetto del sovraffollamento, dell’assenza di progetti qualificati (e qualificanti) di formazione e istruzione, per le concrete dinamiche della vita intramuraria. Con riferimento al lavoro, ad esempio, nel 2023 i detenuti impegnati in attività lavorative raggiungevano il solo 33,3% del totale, a dimostrazione dell’esiguità dei percorsi di questo tipo, che contribuirebbero invece a realizzare quel fine di reinserimento sociale cui la pena deve tendere. Riguardo alle concrete condizioni detentive, va poi segnalata l’attuazione che, nel suo primo anno di applicazione, ha incontrato la circolare Dap n. 3693/6143 del 18 luglio 2022.

In ordine all’esecuzione delle misure di sicurezza, il Rapporto evidenzia “la positiva innovazione delle Rems che ha, tuttavia, incontrato rilevanti difficoltà attuative, persistenti anche nel periodo di riferimento. Il piano terapeutico riabilitativo risulta, infatti, tuttora definito soltanto per il 46 per cento dei pazienti definitivi accolti, a dimostrazione dell’ancora troppo limitato investimento su queste misure. Le tendenze su rilevate si sono consolidate e, anzi, in molti aspetti aggravate durante il 2024, caratterizzato da un significativo incremento della popolazione detenuta (anche per effetto di recenti politiche penali “carcerocentriche”) e del tasso di suicidi in carcere”.

La circolare, si fa notare, “aveva tentato di riorganizzare il circuito della media sicurezza, in cui è ristretto oltre il 70% dei detenuti complessivamente presenti e che rappresenta, dunque, l’ambito penitenziario più significativo. Si voleva superare il dualismo custodia aperta/custodia chiusa, promuovendo in misura maggiore l’individualizzazione del trattamento. Nonostante tale intento tuttavia nella sua concreta applicazione la circolare ha piuttosto sortito l’effetto di rendere prevalente il modello della custodia chiusa, determinando una netta riduzione (di 9.750 unità) dei detenuti assegnati alle sezioni a custodia aperta”.

E ancora, evidenzia il dossier, “un importante riconoscimento del diritto all’affettività dei detenuti è derivato poi dalla sentenza n.10/2024 della Corte costituzionale. Con tale pronuncia è stata dichiarata l’illegittimità del divieto assoluto di colloqui intimi tra detenuti e familiari, per la garanzia del diritto all’affettività in carcere, dopo più di dieci anni dalla sentenza n. 301/2012″. Al fine di “favorire le relazioni affettive, l’art. 19 del d.lgs. n. 121 del 2018 ha introdotto, per i detenuti minorenni, la possibilità di fruire ogni mese di quattro visite prolungate che si svolgano in unità abitative all’interno degli istituti appositamente attrezzate e tali da riprodurre, per quanto possibile, un ambiente di tipo domestico”.

Un altro importante riconoscimento, mette in luce il Rapporto, “sia pur di tipo diverso, deriva dalla sentenza del 9 marzo 2023 con cui il Tribunale di Siena ha condannato cinque poliziotti penitenziari per tortura ai danni di una persona detenuta, per fatti avvenuti nell’ottobre 2018 nel carcere di San Gimignano. La condanna dimostra, – si legge – da un lato, la drammaticità delle condizioni di vita in alcuni contesti penitenziari ma anche, dall’altro, la funzionalità della norma incriminatrice del delitto di tortura che, benché sicuramente perfettibile nella costruzione, ha comunque svolto un ruolo importante nella repressione di questo intollerabile fenomeno”.

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