L’uomo è accusato anche di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e della prostituzione.
Piacenza – Questa mattina è stato eseguito dai poliziotti della questura di Piacenza, coordinati dal Servizio centrale Anticrimine della Polizia di Stato, il sequestro di beni ad un imprenditore nel settore del trasporto su gomma a Piacenza e nelle provincie di Milano, Pavia, Cremona, Catania, Messina e Trapani, nonché in Svezia e in Bulgaria. Ritenuti beni di provenienza illecita si tratta di 14 società, 32 immobili, 110 automezzi e numerosi rapporti finanziari, per un valore complessivamente stimato di circa 12 milioni di euro.
I beni sono riconducibili all’imprenditore, già condannato per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, che è stato ritenuto socialmente pericoloso a causa della commissione di reati tributari, fallimentari, reati in materia di falsificazione di mezzi di pagamento, e favoreggiamento dell’immigrazione e della prostituzione.
In particolare, le indagini hanno consentito di svelare un vero e proprio sistema, al cui vertice c’era l’imprenditore che favoriva l’ingresso illegale e lo sfruttamento di cittadini stranieri, di nazionalità brasiliana, moldava e turca, sul territorio nazionale.
I malcapitati dapprima corrispondevano 500 euro per ricevere la “dichiarazione di invito” necessaria per l’ingresso in Italia; una volta arrivati sul territorio nazionale, erano accompagnati presso la sede di una delle società dell’imprenditore situata a Piacenza, dove, dietro il pagamento di ulteriori 500 euro, venivano muniti di documenti falsi per poi essere assunti come autotrasportatori alle dipendenze dello stesso. Dalle indagini è emerso che per ogni “pratica” il costo si aggirava tra i 2 mila e i 2.500 euro.
Le modalità di assunzione erano palesemente contrastanti con le norme contrattuali di lavoro. I lavoratori fornivano le loro prestazioni in condizioni assolutamente degradanti, poiché l’imprenditore aveva adottato politiche di lavoro inumane, facendo leva sul loro stato di bisogno. Gli autisti, infatti, erano sottoposti a turni di lavoro massacranti, non potendo fruire di riposi giornalieri o settimanali, costretti a guidare giorno e notte senza adeguato riposo e spesso in condizioni igienico-sanitarie precarie.
Oltre agli introiti percepiti mediante lo sfruttamento e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, l’imprenditore riusciva a trarre ulteriore profitto offrendo situazioni alloggiative caratterizzate da condizioni igienico-sanitarie pessime. Ai lavoratori, in particolare, era garantito il riposo notturno solo all’interno di baracche o container, o addirittura all’interno dell’abitacolo degli stessi mezzi pesanti, parcheggiati presso la ditta di autotrasporto dell’imprenditore, dietro pagamento di una somma di denaro pari a 100 al mese.
Le indagini hanno inoltre permesso di documentare l’utilizzo di proventi illeciti per finanziare, avviare ed acquisire le attività imprenditoriali a lui riconducibili, che operavano nei settori del trasporto su gomma, della logistica, dei servizi alle imprese, della ristorazione, degli spettacoli “a luci rosse”, dell’allevamento degli equini e immobiliare.
In particolare, negli anni dal 2008 al 2015, attraverso le sue società, ha partecipato ad un articolato sistema di frode che prevedeva l’emissione e l’utilizzazione di un volume di fatture per operazioni inesistenti, il cui importo complessivo è stato calcolato in circa 200 milioni di euro attraverso persone compiacenti con cui riusciva a creare crediti IVA fittizi. Il meccanismo consisteva nell’impiego delle cosiddette “società cartiere”, specializzate nell’emissione di false fatturazioni per operazioni inesistenti nei confronti di “società filtro”, che avevano il compito di emettere a loro volta ulteriori false fatturazioni nei confronti di altri operatori economici, i quali in conclusione erano i veri beneficiari della frode.