Caos Procure: Palamara e Fava assolti a Perugia dall’accusa di rivelazione

Per la difesa dell’ex consigliere del Csm la sentenza arriva dopo anni di supplizio: “Estraneo ai fatti, infondatezza delle accuse”.

Roma – Il Tribunale di Perugia ha assolto per non aver commesso il fatto l’ex consigliere del Csm Luca Palamara e l’ex magistrato romano, Stefano Rocco Fava, accusati di rivelazione e utilizzazione di segreto di ufficio nell’ambito del processo che li vedeva imputati nella città umbra. Fava è stato assolto, perché il fatto non sussiste, anche dal reato di abuso di ufficio mentre è stato condannato a cinque mesi di reclusione, pena sospesa, per accesso abusivo al sistema informatico. La sentenza è arrivata dopo tre ore di camera di consiglio.

Alla lettura del dispositivo era presente l’ex pm Fava, difeso dagli avvocati Luigi Castaldi e Luigi Panella, mentre non era in aula Luca Palamara, assistito dagli avvocati Benedetto Marzocchi Buratti e Roberto Rampioni. “Soddisfatti del risultato che arriva dopo anni di supplizio” si sono detti i difensori di Palamara. “L’estraneità del nostro assistito e l’infondatezza dell’accusa – hanno detto Buratti e Rampioni – sono state subito evidenti”. I pm Gemma Miliani e Mario Formisano avevano sollecitato la condanna per entrambi, a otto mesi per l’ex magistrato Palamara accusato di concorso in rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, e a due anni per Fava, ora giudice civile a Latina, per accesso abusivo a sistema informatico, abuso d’ufficio e rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio.

Il Tribunale di Roma di piazzale Clodio, sede della città giudiziaria

Nel processo, che si è aperto il 19 gennaio 2022 davanti al Tribunale di Perugia e che vede come parte civile il magistrato Paolo Ielo, a Palamara e a Fava veniva contestato di aver rivelato notizie d’ufficio “che sarebbero dovute rimanere segrete“. Fava, all’epoca dei fatti sostituto procuratore nella capitale, era accusato anche di essersi “abusivamente introdotto nel sistema informatico Sicp e nel Tiap acquisendo verbali d’udienza e della sentenza di un procedimento”. Fatto che secondo i pm avveniva “per ragioni estranee rispetto a quelle per le quali la facoltà di accesso era attribuita”. Il suo obiettivo, secondo l’atto di accusa “era di avviare una campagna mediatica ai danni di Pignatone, da poco cessato dall’incarico di procuratore di Roma e dell’aggiunto Paolo Ielo”.

Fava è il magistrato che aveva dato vita all’inchiesta sul Ministero delle politiche agricole, oggi MASAF, che aveva portato all’arresto in carcere di dirigenti e funzionari pubblici di via 20 Settembre. Una indagine durata anni e che si era conclusa con l’assoluzione piena di tutti gli imputati, nonché con importanti indennizzi per l’ingiusta detenzione tra cui quello più oneroso per lo Stato riconosciuto a Ludovico Gay, allora direttore generale di Buonitalia.

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