Camorra e delitto d’onore: ucciso e sciolto nell’acido per la storia con la nuora del boss

Due condanne all’ergastolo per l’omicidio di Salvatore Esposito, cold case del 2013 risolto grazie ad un’intercettazione.

Napoli, 5 luglio 2025 – Paolo Abbatiello e Gianfranco Leva sono stati condannati all’ergastolo, mentre Raffaele Prota a 8 anni di reclusione, per l’omicidio di Salvatore Esposito, noto come “Totoriello”. Il delitto, un cold case del 27 settembre 2013, fu ordinato dal clan Licciardi, parte dell’Alleanza di Secondigliano, come vendetta per una relazione extraconiugale di Esposito con la moglie di Giovanni Licciardi, figlio del fondatore del clan, Gennaro “la scimmia” Licciardi. Le indagini dei Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Napoli, partite da un’intercettazione casuale, hanno rivelato un brutale assassinio: Esposito fu attirato in una trappola, ucciso a colpi di pistola e sciolto nell’acido nelle cave di tufo di Chiaiano.

L’amore proibito e la vendetta del clan

L’omicidio di Salvatore Esposito, avvenuto il 27 settembre 2013, rappresenta un classico esempio di delitto d’onore all’interno della camorra napoletana. Esposito, affiliato di basso rango del clan Licciardi, fu punito per aver intrapreso una relazione sentimentale con la moglie di Giovanni Licciardi, figlio di Gennaro Licciardi, figura storica dell’Alleanza di Secondigliano, un’oligarchia malavitosa che domina i quartieri di Secondigliano, Scampia e Miano. La relazione, considerata un affronto all’onore del clan, scatenò la reazione violenta dei vertici dell’organizzazione. Il delitto rimase irrisolto per anni, classificato come un cold case, fino a quando un’intercettazione fortuita, captata durante un’altra indagine del ROS nel 2022, rivelò indizi cruciali. Una frase pronunciata da un affiliato durante una conversazione intercettata fece intuire ai carabinieri la tragica fine di Esposito, spingendo gli investigatori a riaprire il caso. Le indagini portarono all’arresto di tre dei quattro mandanti nel maggio 2023: Paolo Abbatiello, Gianfranco Leva e Raffaele Prota, tutti elementi di spicco del clan Licciardi.

La trappola e l’esecuzione

Il piano per eliminare Esposito fu orchestrato con freddezza e precisione. I malavitosi simularono un incontro estemporaneo, attirando “Totoriello” con la scusa di visitare il marito di Maria Licciardi, sorella di Gennaro e figura di peso nel clan, arrestata nel 2021 dal ROS mentre tentava di fuggire in Spagna. Invece di raggiungere la destinazione annunciata, il gruppo deviò verso le cave di tufo di Chiaiano, un’area isolata e impervia, spesso utilizzata dalla camorra per attività illecite. Qui, Esposito fu ucciso a colpi di pistola. Per cancellare ogni traccia del delitto, il suo corpo fu sciolto in un bidone di acido, portato ad ebollizione con un bruciatore, una pratica nota nella criminalità organizzata per eliminare prove fisiche. L’uso dell’acido, un metodo brutale ma efficace, è tipico dei clan camorristici per garantire l’impunità, rendendo impossibile il ritrovamento dei resti.

Arrestati a maggio 2023 e ora condannati all’ergastolo

Le indagini e gli arresti

L’intercettazione chiave, captata nel 2022, ha permesso di ricostruire la dinamica del delitto e identificare i responsabili. Nel maggio 2023, i carabinieri hanno arrestato Paolo Abbatiello, Gianfranco Leva e Raffaele Prota, accusati di omicidio aggravato e associazione di tipo mafioso. Un quarto mandante risulta ancora latitante, con indagini in corso per individuarlo. Le prove raccolte includono intercettazioni telefoniche, testimonianze di collaboratori di giustizia e riscontri materiali sulle attività del clan Licciardi. La Procura ha evidenziato il ruolo centrale di Abbatiello e Leva come organizzatori del delitto, mentre Prota avrebbe avuto un ruolo operativo minore, giustificando la condanna a 8 anni rispetto all’ergastolo.

Il processo e la sentenza

Il processo, celebrato con rito abbreviato davanti al GIP Valentina Giovanniello, si è concluso con una sentenza che riflette la gravità del crimine: Paolo Abbatiello e Gianfranco Leva: condannati all’ergastolo per omicidio premeditato, aggravato dal metodo mafioso e dalla distruzione del cadavere; Raffaele Prota: condannato a 8 anni di reclusione, riconosciuto come esecutore materiale di minor peso. La scelta del rito abbreviato, che consente uno sconto di pena di un terzo, non ha evi tato l’ergastolo per i due mandanti principali, a testimonianza della solidità delle prove raccolte. La sentenza rappresenta un duro colpo al clan Licciardi, già indebolito da arresti e confische negli ultimi anni, ma ancora attivo nel controllo del traffico di droga e delle estorsioni a Napoli.

L’Alleanza di Secondigliano

L’Alleanza di Secondigliano, composta dai clan Licciardi, Contini e Mallardo, è una delle organizzazioni criminali più potenti della Campania, nota per la sua influenza nel narcotraffico internazionale e nelle attività estorsive. Fondata da Gennaro Licciardi, detto “la scimmia”, negli anni ’80, il clan ha mantenuto una struttura gerarchica rigida, con un forte codice d’onore che punisce severamente tradimenti come la relazione di Esposito. La sorella di Gennaro, Maria Licciardi, arrestata nel 2021, è stata una delle prime donne a guidare un clan camorristico, guadagnandosi il soprannome di “la madrina”.

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