Braccio di ferro sul fine vita: ricorso al Tar del governo contro l’Emilia-Romagna

Fibrillazioni anche all’interno dei partiti. Il governatore Bonaccini insorge: “Si fa battaglia politica sulla pelle delle persone”.

Roma – Quella sul fine vita e sull’Emilia Romagna che vuole andare dritta per la sua strada in autonomia è una polemica che non accenna a diminuire. Ora il governo e la Regione guidata da Stefano Bonaccini sono ai ferri corti. Tanto che le regole operative che l’Emilia-Romagna si è data a febbraio per sopperire a un vuoto normativo e ad una pronuncia della Corte costituzionale scatenano il ricorso al Tar. L’esecutivo, presidenza del Consiglio e ministero della Salute, hanno fatto ricorso al giudice amministrativo per bloccare le delibere della Giunta che individuavano, fra le altre cose, le linee guida per le aziende sanitarie locali, con iter e tempi per le eventuali richieste di suicidio medicalmente assistito.

Replica il presidente Bonaccini sostenendo che “si è passato il limite”, con una campagna elettorale “sulla pelle delle persone”. E’ un “ricorso ideologico” attacca la segretaria del Pd, emiliana, Elly Schlein, che rilancia: “Facciamo una legge in Parlamento”. A dare notizia del ricorso al Tar è stata la consigliera regionale di Forza Italia Valentina Castaldini, che già di suo, con alcune associazioni, aveva depositato un ricorso simile a marzo. Il 12 aprile, spiega, presidenza del Consiglio dei ministri e ministero della Salute hanno depositato un “ricorso contro la direzione sanitaria Salute della persona in Regione. La richiesta è l’annullamento delle delibere con motivazioni, espresse in oltre 20 pagine, che evidenziano “la carenza di potere dell’ente” sul tema ma, soprattutto, la “contraddittorietà e l’illogicità delle motivazioni introdotte nelle linee guida inviate alle aziende
sanitarie”.

Stefano Bonaccini

Bonaccini è infuriato. “Non solo si negano i diritti delle persone riconosciuti dalla Corte costituzionale – sottolinea – ma si fa battaglia politica sulla pelle di pazienti che si trovano in condizioni drammatiche”. Il presidente garantisce che “l’Emilia-Romagna difenderà i propri atti e soprattutto il diritto di un paziente in fine vita a decidere per sé, senza dover chiedere il permesso al Governo e alla destra”. A febbraio la giunta regionale aveva approvato due delibere per l’accesso al suicidio medicalmente assistito con l’obiettivo, spiegava la Regione, di colmare il vuoto legislativo in materia e di mettere le aziende sanitarie nella condizione di garantire un diritto sancito da una sentenza della Corte costituzionale (n.242/2019).

Alle Asl sono quindi state inviate delle linee guida che stabiliscono iter e tempistiche del fine vita: massimo 42 giorni dalla domanda del paziente alla eventuale esecuzione della procedura farmacologica. Tra gli elementi contestati nel ricorso, l’istituzione di un organismo ad hoc, il Corec (Comitato regionale per l’etica nella clinica), che è chiamato a esprimere il parere – non vincolante – sulle richieste dei pazienti. Una via che alcuni, dall’opposizione, avevano giudicato discutibile e politicamente scorretta perché accusata di aggirare il dibattito in consiglio regionale, con un voto sul fine vita che avrebbe potuto essere critico anche per alcuni esponenti dem, come accaduto in Veneto.

Le delibere della giunta erano arrivate pochi giorni prima del via in Assemblea legislativa del dibattito su una legge sul fine vita: due le proposte in esame, quella di iniziativa popolare dell’Associazione Luca Coscioni e un’altra del Movimento 5 Stelle, che poi sono state accorpate. In Commissione non sono ancora iniziate le audizioni. L’Associazione Coscioni sottolinea che la competenza delle Regioni è evidente, “perché legata alla responsabilità di gestione del sistema sanitario e comunque stabilita dall’art. 117 della Costituzione”, ma insiste sulla necessità di una legge proprio perché giudica le delibere “deboli”, cancellabili con un colpo di spugna da una prossima maggioranza in Regione.

A fine marzo il governo ha bloccato l’avvio dell’iter parlamentare della legge sul suicidio assistito, inutilmente
sollecitata dalla Corte costituzionale sin dall’ottobre 2018, richiesta rinnovata pochi giorni prima dal presidente della Corte, Augusto Barbera. In Commissione del Senato l’assenza del governo ha impedito il semplice incardinamento del ddl a prima firma di Alfredo Bazoli (Pd). Ad aumentare lo scontro un altro
ddl sul fine vita depositato da Fi che prevede criteri più restrittivi di quelli introdotti dalla Corte nel 2019 e che interviene anche sulla legge sul testamento biologico del 2017.

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