Borse di lusso cucite da lavoratori sfruttati: amministrazione giudiziaria per la Valentino Bags Lab [VIDEO]

Manodopera in nero, paghe sotto la soglia di povertà, turni fino a 14 ore al giorno: blitz dei carabinieri in sette opifici abusivi nel Milanese e in Brianza.

Milano – Un nuovo scandalo scuote il mondo dell’alta moda italiana. La Valentino Bags Lab Srl, società con sede a Rosate (Milano) controllata da Valentino Spa, è stata posta sotto amministrazione giudiziaria dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano per presunto coinvolgimento in pratiche di caporalato. Le indagini, coordinate dal pubblico ministero Paolo Storari e condotte dai Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano, hanno rivelato gravi omissioni nei controlli sulla filiera produttiva, che avrebbero agevolato lo sfruttamento di lavoratori, in gran parte cinesi, in sette opifici irregolari. Tra manodopera in nero, dormitori abusivi e violazioni della sicurezza, il caso getta un’ombra sul sistema di subappalti dell’industria del lusso, già al centro di inchieste simili che hanno coinvolto altri grandi marchi.

Il provvedimento, emesso su richiesta della Procura di Milano, accusa Valentino Bags Lab Srl di non aver adottato misure adeguate per verificare le condizioni lavorative e le capacità tecniche delle aziende appaltatrici, favorendo così, “colposamente”, imprenditori cinesi indagati per caporalato. Secondo il decreto firmato dai giudici Rispoli, Spagnuolo Vigorita e Canepari, l’azienda ha tratto “beneficio economico” da un sistema che “sfrutta pesantemente il lavoro” attraverso subappalti non autorizzati, con “plurimi indici di sfruttamento emersi in modo eclatante” e il “chiaro fine di abbattere i costi del lavoro”.

La società, che produce borse e accessori da viaggio per il marchio Valentino con un fatturato annuo di 23 milioni di euro, non è indagata penalmente. Tuttavia, il Tribunale ha nominato un amministratore giudiziario per un anno, con il compito di bonificare la filiera produttiva e garantire il rispetto delle normative sul lavoro. L’intervento si inserisce in una serie di misure simili applicate nel 2024 ad altre case di moda, tutte commissariate per analoghe omissioni e successivamente revocate dopo l’adozione di contromisure

Le indagini, avviate a marzo 2024, hanno messo in luce un modello produttivo basato sull’esternalizzazione totale dei processi di produzione. Valentino Bags Lab si occupa esclusivamente della prototipazione dei manufatti, mentre la produzione su scala industriale è affidata a società terze, spesso attraverso subappalti non autorizzati gestiti da imprenditori cinesi nelle province di Milano e Monza e Brianza. Questo sistema consente di abbattere i costi, producendo borse vendute a centinaia di euro a prezzi di produzione irrisori, tra i 35 e i 75 euro ciascuna.

Tuttavia, il prezzo più alto lo pagano i lavoratori, spesso irregolari o clandestini, costretti, come appurato dai carabinieri nell’indagine, a lavorare in condizioni di sfruttamento: paghe sotto la soglia di povertà, orari non conformi (fino a 14 ore al giorno), ambienti insalubri e dormitori abusivi all’interno degli stabilimenti. In particolare, sono stati controllati 7 opifici, tutti risultati irregolari, nei quali sono stati identificati 67 lavoratori, di cui 9 occupati in nero, tra cui 3 clandestini sul territorio nazionale.

Tale sistema consente la massimizzazione dei profitti, inducendo l’opificio cinese a ridurre i costi da lavoro (contributivi, assicurativi, imposte dirette), attraverso l’utilizzo di manodopera “in nero” e clandestina, non rispettando le norme sulla salute e sicurezza sul lavoro e ignorando i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro in merito a retribuzioni, orari, pause e ferie.

Un ulteriore elemento emerso dalle indagini è l’esistenza di tre società “ombra”, prive di lavoratori e create ad hoc per emettere fatture fittizie e ostacolare i controlli. Queste entità effettuavano una produzione solo cartolare, subappaltando il lavoro effettivo agli opifici cinesi. La Procura ha individuato anche fatturazioni per operazioni inesistenti, aggravando il quadro di illegalità. I sette titolari degli opifici, tutti di origine cinese, sono stati denunciati per caporalato e altre ipotesi di reato, con ammende per 286.000 euro e sanzioni amministrative per 35.000 euro.

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