Sentenza di primo grado al processo “Angeli e Demoni” a Reggio Emilia: pene sospese per Federica Anghinolfi e Francesco Monopoli. Smontate le accuse di abusi, resta la risonanza politica.
Reggio Emilia – Crolla il castello di accuse del caso Bibbiano. Il processo “Angeli e Demoni”, legato ai presunti affidi illeciti nella Val d’Enza, si chiude in primo grado con una clamorosa sconfitta per l’accusa: 11 assoluzioni, molte delle quali con la formula piena “perché il fatto non sussiste”, e solo tre condanne, tutte con pena sospesa.
Il caso, che fin dall’inizio ha avuto una forte eco mediatica e politica, ruotava attorno al presunto sistema illecito di gestione degli affidi da parte dei servizi sociali, con l’accusa di relazioni manipolate e induzione di falsi ricordi di abusi nei minori tramite psicoterapia.
Le condanne: pene drasticamente ridotte rispetto alle richieste
La sentenza è stata pronunciata oggi, 9 luglio, dalla Corte d’Assise di Reggio Emilia, presieduta dalla giudice Sarah Iusto, con Michela Caputo e Francesca Piergallini come giudici a latere. Le condanne emesse sono state soltanto tre. Per Federica Anghinolfi, ex responsabile dei servizi sociali della Val d’Enza, 2 anni (ne erano stati richiesti 15). Per Francesco Monopoli, assistente sociale e suo braccio destro: 1 anno e 8 mesi (richiesti 11 anni e mezzo). Infine per Flaviana Murru, assistente sociale: 8 mesi, come da richiesta. Tutte le pene sono sospese.
Le assoluzioni: “Il fatto non sussiste”
Sono state invece assolte con formula piena 11 persone, tra psicologhe, educatori e genitori affidatari. Nel dettaglio:
- Nadia Bolognini, psicologa del centro Hansel e Gretel (richiesti 8 anni e 3 mesi)
- Fadia Bassmaji (3 anni)
- Daniela Bedogni (3 anni)
- Imelda Bonaretti (6 anni e 6 mesi)
- Valentina Ucchino (8 mesi)
- Katia Guidetti (4 anni)
- Maria Vittoria Masdea (4 anni)
- Sara Gibertini (5 anni)
- Marietta Veltri (3 anni e 6 mesi)
- Annalisa Scalabrini (6 anni e 4 mesi)
Castello accusatorio smontato pezzo a pezzo
L’impianto accusatorio, costruito dalla pm Valentina Salvi, ruotava attorno alla tesi di allontanamenti illeciti dei minori dalle famiglie naturali, tramite relazioni falsificate e condizionamento psicologico dei bambini per simulare abusi mai avvenuti. Un’accusa che il tribunale ha respinto in gran parte, demolendo la narrazione che aveva portato, nel 2019, all’esplosione del caso e a una vera e propria tempesta mediatica e politica.
Il procedimento ha visto coinvolti 14 imputati e richieste complessive di oltre 70 anni di carcere.
Processo simbolo tra cronaca e politica
Il caso Bibbiano è stato utilizzato negli ultimi anni come simbolo politico, al centro di forti polemiche e contrapposizioni ideologiche. Oggi, con la sentenza di primo grado, il tribunale restituisce una realtà molto diversa da quella che per anni è stata raccontata. Non si è mai parlato di “bambini rubati”, come titolavano alcuni giornali e post virali sui social. Il giudizio, basato su fatti e prove, ridimensiona drasticamente la portata delle responsabilità penali.
La camera di consiglio si era aperta in mattinata e si è chiusa nel tardo pomeriggio. Ora si attendono i successivi gradi di giudizio, poiché le parti potranno fare appello.