Il lavoro autonomo è in picchiata verso l’indigenza. Tutte le categorie che vivono con partita Iva sono in fortissima sofferenza mentre le loro famiglie sono a rischio povertà con percentuali che superano il 25% in questi ultimi mesi del 2022. Occorre varare la legge sull’Equo Compenso senza ulteriori indugi.
Roma – Il lavoro autonomo é a forte rischio indigenza. I lavoratori autonomi già prima della pandemia non è che vivessero una rosea situazione economica, tutt’altro. Il quadro è peggiorato, tanto che il rischio “esclusione sociale” è molto forte nelle famiglie con reddito principale da questa tipologia di occupazione rispetto a quelle che vivono di lavoro dipendente. Secondo una studio della CGIA (Associazione Artigiani e Piccole Imprese) su dati Istat (Istituto nazionale di statistica) il cosiddetto “popolo delle partite iva”, artigiani, commercianti, bottegai, freelance, ha subito i danni maggiori, inaspriti dal fatto che rispetto ai lavoratori dipendenti, non hanno potuto usufruire se non in minima parte dei vari sostegni al reddito. Secondo i dati a disposizione, nel 2021 le famiglie da lavoro dipendente a rischio povertà rappresentavano il 18,4%. Mentre quelle da lavoro autonomo il 22,4%.
Ad oltre due anni dalla pandemia il numero degli occupati è cresciuto di 56mila unità. Però, il numero degli autonomi è diminuito di 155mila unità. Tra i dipendenti va segnalato che sono aumentati i contratti “a termine”. Su questo humus di per sé fragile, l’aumento dei prezzi al consumo e quello delle bollette energetiche è stato come aggiungere benzina sul fuoco. Basti ricordare che il 70% circa degli artigiani e dei commercianti è un lavoratore singolo, senza collaboratori nemmeno familiari.
Molti si sono visti arrivare tra capo e collo bollette raddoppiate, visto l’eccezionale aumento verificatosi negli ultimi dieci mesi di elettricità e gas. Beffati due volte: la prima come utenti domestici e la seconda come piccoli imprenditori. Nonostante il governo uscente abbia tentato di porre un argine alla valanga di aumenti con lo stanziamento di ulteriori miliardi di euro per prorogare alcune misure di contenimento dei costi energetici.
Ad esempio, la cancellazione delle aliquote riguardanti gli oneri di sistema, ovvero i costi per le attività di interesse generale del contesto elettrico nazionale; delle utenze domestiche e non; la riduzione dell’Iva delle bollette per il gas al 5%. Infine, nuovi fondi per il bonus sociale per le famiglie a basso reddito. Secondo gli esperti queste misure non sembrerebbero all’altezza dell’arduo problema e potrebbero essere solo delle toppe che potrebbero sfilacciarsi con facilità.
Non c’è che dire: una bella gatta da pelare per il nuovo esecutivo. Ai posteri! E’ vero, è proprio un periodaccio come si dice in casi del genere. Bisogna “stringere la cinghia” come hanno fatto i nostri nonni nel passato, se vogliamo scorgere la luce in fondo al tunnel. Qualsiasi intervento di politica economica rischia di perdere la sua efficacia se non è associato ad un vero mutamento del paradigma culturale che ci ha accompagnato finora, con gli effetti nefasti che sono sotto gli occhi di tutti. La produzione a qualunque costo va sostituita con la sobrietà come valore fondante!