Due emendamenti presentati da Fi e Lega, con cui verrà valutata domani l’intenzione del governo. Una norma invocata dall’Anci dal 2018.
Roma – Un’altra buona notizia per gli amministratori locali. Dopo l’abolizione dell’abuso d’ufficio un’altra norma accorre in soccorso dei primi cittadini. La cosiddetta legge “salva sindaci”, che separa la responsabilità politica da quella amministrativa, invocata da tempo dall’Anci. Il provvedimento potrebbe diventare presto realtà, ed è il senatore di Fi Mario Occhiuto ad annunciare che potrebbe arrivare presto il via libera del governo.
Forza Italia e Lega hanno infatti depositato in Senato due emendamenti al decreto elettorale che vanno in questa direzione e che riprendono l’ordine del giorno del Pd al ddl Nordio che invece era stato respinto dal governo. Domani quegli emendamenti saranno discussi in Commissione Affari Costituzionali del Senato, e qui verrà sondata l’intenzione dell’esecutivo. Ma in cosa consiste la norma pronta a cambiare le sorti degli amministratori locali? I sindaci, se passasse la legge annunciata, sarebbero responsabili solo per gli atti politici e non anche, come accade oggi, per quelli amministrativi.
Una norma che eviterebbe situazioni come quella dell’imputazione di Chiara Appendino a Torino per gli incidenti di Piazza San Carlo. Un tema quello della responsabilità dei sindaci molto discusso, al centro di non poche polemiche. Tanto che nel 2018 l’Anci aveva elaborato una proposta di legge dal titolo emblematico, “Liberiamo i sindaci”. L’allora ministro dell’Interno Luciana Lamorgese si era impegnata a trasformare la proposta in legge delega, ma poi non è andata a buon fine.
La riforma ruoterebbe attorno alla modifica del Testo unico degli enti locali, stabilendo che “il sindaco e il presidente della Provincia esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo loro attribuite, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti”.
Nel dettaglio, i primi cittadini non avrebbero più tra i loro compiti, quello per cui oggi “sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti”. Non solo. Si fa chiarezza su un punto: “il sindaco non è mai responsabile dell’esercizio o del mancato esercizio del potere” di emettere ordinanze contingibili e urgenti nei casi di emergenze sanitarie o di gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica.
E ancora, l’emendamento prevede che “i dirigenti sono responsabili in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati ed operano con autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo”. A invocarla, da tempo, è l’Associazione nazionale comuni d’Italia guidata da Antonio Decaro: una legge che oggi trova un consenso trasversale (come è stato anche per l’abuso d’ufficio). Prima l’ordine del giorno al decreto Nordio targato dem, poi respinto, e ora gli emendamenti di Fi e Lega.
Dopo migliaia di appelli, l’Associazione che raccoglie i comuni d’Italia potrebbe arrivare a meta. Qualche anno fa, in un’assemblea congressuale dell’Anci, un gruppo di piccoli comuni scelse una frase di Ibsen per compendiare i contenuti di un documento-denuncia: “Una comunità è come una nave; chiunque dovrebbe essere preparato a prendere il timone”.
Questa condizione che rappresenta “l’essenza stessa della nostra democrazia, in quanto diritto di tutti a guidare la propria comunità rischia di trasformarsi in un grande paradosso”, diceva il documento, “perché soprattutto nelle piccole comunità è diventato persino difficile trovare persone disposte a svolgere il ruolo di sindaco, perché prevale sempre più spesso il timore di rimanere travolti da norme di difficile applicazione, a volte incomprensibili perché magari pensate o scritte da chi non si è mai confrontato con questo lavoro”.