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Arrestato l’aristocratico russo “mente” dell’evasione di Artem Uss

In attesa di estradizione negli Usa, il figlio di un oligarca vicino a Putin è stato fatto fuggire da un appartamento nel Milanese dove era agli arresti domiciliari.

Milano – Si aggiunge un nuovo tassello nell’inchiesta sulla fuga, nel marzo dell’anno scorso, di Artem Uss, figlio di un oligarca russo vicino a Putin che doveva essere estradato negli Stati Uniti e invece è stata fatto fuggire dall’appartamento di Basiglio (Milano) dove era astato posto agli arresti domiciliari. Un cittadino russo, Dimitry Chirakadze, 54 anni, residente in Svizzera, è stato arrestato dai carabinieri del nucleo investigativo coordinati dal pm Giovanni Tarzia titolare dell’inchiesta sulla fuga di Uss.

Nelle prossime ore Chirakadze sarà sottoposto a interrogatorio dai magistrati milanesi. Il suo arresto rappresenta la seconda tranche dell’indagine che aveva portato nei mesi scorsi ad un’altra ordinanza di custodia cautelare a carico di 6 persone. Il russo finito in manette, su ordinanza di custodia in carcere per “procurata evasione in concorso, con l’aggravante del reato transnazionale“, come ha spiegato il procuratore Viola, è “ritenuto uno dei promotori ed organizzatori della fuga di Uss” da Basiglio.

Uss era stato sottoposto a mandato d’arresto internazionale per associazione criminale per frode ai danni dello Stato, per violazione dell’Internationl Economic Power Act, per la commissione di frode bancaria, riciclaggio, puniti con pene fino a 30 anni. Si sarebbe occupato, inoltre,  di traffico di petrolio dal Venezuela sotto embargo e sistemi militari “dual use”.

I carabinieri: “Un piano articolato e ampiamente programmato”

Rispetto al commando (tre già arrestati) che favorì l’evasione, Chirakadze fa “parte di un livello sovraordinato, da un punto di vista organizzativo”.  Avrebbe infatti, scrivono i pm, “monitorato l’esito della decisione della Corte d’Appello di Milano sulla eventuale estradizione” negli Stati Uniti che fu, poi, “sfavorevole” e “tale da indurlo”, dunque, “a porre in essere il piano che nel frattempo aveva organizzato contattando preliminarmente i componenti della banda che hanno poi realizzato la fuga“.

Il 54enne, “referente e organizzatore” del piano di fuga e che viveva nel cantone di Ginevra, come spiega la Procura, avrebbe “presenziato, nella fase organizzativa, ai principali incontri con i componenti della banda che ha garantito la fuga”. E avrebbe “mantenuto costanti contatti con i familiari di Artem Uss“, 41 anni, “al fine di sovraintendere le fasi della organizzazione e realizzazione della esfiltrazione”. Avrebbe incontrato “in più circostanze i componenti della banda ad esfiltrazione avvenuta, in territorio straniero”.

Il “gruppo operativo”, che ha fatto evadere Artem Uss, e il “suo referente e organizzatore”, Dimitry Chirakadze “sono stati ritenuti un sodalizio criminale organizzato, impegnato in attività criminali in più di uno Stato, con il coinvolgimento di persone di diversa nazionalità (allo stato soggetti albanesi, serbi, bosniaci e sloveni), che, mediante l’utilizzo di auto immatricolate in più Stati (Italia, Slovenia e Serbia) e di utenze serbe, italiane, bosniache e slovene, hanno adottato una strategia precisa e ben definita, anche diretta a depistare le indagini”. La Procura di Milano sta cercando altre due persone del “commando”, oltre ovviamente a Uss.

I componenti del gruppo, spiegano i pm, “hanno utilizzato un’auto la cui targa non era clonata e che è stata fatta “ricomparire” in una zona lontana dalla frontiera”, da cui “l’evaso è espatriato”. Inoltre, “forti dei contatti intrattenuti in Slovenia, hanno attraversato, il giorno stesso dell’evasione, la frontiera di Gorizia, hanno contattato una agenzia di noleggio auto e hanno condotto un’auto in Bosnia, un’altra auto in Serbia ed una terza auto in Slovenia”. 

Nei mesi scorsi era stato arrestato Matej Janezic, sloveno, 39 anni, che avrebbe fatto parte del commando e poi estradato.  Prima, lo scorso dicembre, erano stati arrestati “Vlado il vecchio”, ossia Vladimir Jovancic, bosniaco di 51 anni e suo figlio Boris, 26 anni. Il padre è stato fermato in Croazia (poi estradato e detenuto ad Opera come Janezic), mentre il figlio (ora ai domiciliari) è stato bloccato nel Bresciano. Entrambi, in particolare il padre, sono stati interrogati a lungo in questi mesi.

Vladimir Jovancic ha messo a verbale, tra le varie dichiarazioni utili a ricostruire il piano di fuga, che la moglie dell’imprenditore 41enne gli avrebbe consegnato “7mila euro in contanti” per l’acquisto di una delle macchine usate per la “esfiltrazione”. Lo si legge nell’ordinanza che ha portato in carcere l’organizzatore Dimitry Chirakadze, detto “Dima”.

L’arrestato è un “imprenditore russo co-fondatore del gruppo Pravo.ru, proprietario dell’omonimo sistema di giustizia elettronica che fornisce assistenza ai siti web dei tribunali russi”, una “struttura” che “registra anche una importante presenza nel sistema mediatico online russo specializzato in giornalismo legale”. 

È anche “compartecipe in numerose aziende russe unitamente – scrivono i pm – a esponenti della famiglia Uss, anche con incarichi dirigenziali di vertice”. Ed è un “appartenente alla aristocrazia russa, in quanto discendente di un granduca della Georgia, ed è coniugato con una facoltosa donna russa”.  

Dall’inchiesta è anche emerso “il diretto coinvolgimento della moglie” dell’arrestato “nella titolarità di quote della società che gestisce una importante struttura turistica di lusso, in Sardegna, riconducibile alla stessa donna e alla famiglia” di Uss. E anche “di uno studio legale russo noto come uno dei principali specialisti nell’ottenere le decisioni necessarie presso la Corte Suprema e l’arbitrato di Mosca”. In più sarebbe proprietaria “di un’imponente tenuta di caccia nel territorio di Krasnojarsk, in Siberia, luogo di vacanza preferito di importanti funzionari russi, tra cui il governatore Alexander Uss, padre di Artem“.

    

   

   

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