La Corte d’Assise le aveva escluse. Soddisfazione della famiglia Cecchettin per l’iniziativa dei magistrati.
Venezia – La Procura di Venezia ha ufficialmente presentato ricorso in appello contro la sentenza di primo grado che, il 3 dicembre 2024, ha condannato all’ergastolo Filippo Turetta, il 23enne padovano responsabile del femminicidio di Giulia Cecchettin, avvenuto l’11 novembre 2023. L’appello, annunciato il 21 maggio 2025, mira a ottenere il riconoscimento delle aggravanti di crudeltà e stalking, escluse dalla Corte d’Assise di Venezia, nonostante la condanna alla pena massima per omicidio aggravato da premeditazione, sequestro di persona e occultamento di cadavere. La decisione ha suscitato il sostegno della famiglia Cecchettin, che, attraverso l’avvocato Stefano Tigani, ha espresso soddisfazione per l’iniziativa della Procura.
La Corte: “Le settantacinque coltellate inferte per inesperienza”
Secondo i pubblici ministeri Roberta Amadeo e Paolo Filippini, coordinati dal Procuratore Marcello Viola, la Corte d’Assise di Venezia, presieduta dal giudice Stefano Manduzio, ha sbagliato nel non riconoscere le aggravanti di crudeltà e stalking nell’omicidio di Giulia Cecchettin, studentessa 22enne di ingegneria biomedica uccisa con 75 coltellate nella notte tra l’11 e il 12 novembre 2023. Le motivazioni della sentenza, depositate l’8 aprile 2025, hanno destato polemiche, in particolare per l’esclusione dell’aggravante della crudeltà, attribuita dai giudici all’“inesperienza” di Turetta, che non avrebbe avuto l’intenzione di infliggere “sofferenze gratuite e aggiuntive” alla vittima.
La Corte ha sostenuto che le 75 coltellate, inferte in circa 20 minuti, non fossero dettate da una deliberata volontà di prolungare l’agonia di Giulia, ma da una mancanza di “competenza ed esperienza” nell’infliggere colpi letali più rapidi. I pm contestano questa interpretazione, sottolineando l’efferatezza dell’atto e il numero elevato di colpi come prova di una volontà di infliggere sofferenza”.
“Il comportamento persecutorio di Turetta era stalking”
Aggravante dello stalking: La Procura aveva evidenziato un comportamento persecutorio di Turetta verso Giulia, sia durante la loro relazione (gennaio 2022 – luglio 2023) sia dopo la rottura. Tuttavia, i giudici hanno escluso lo stalking, citando le dichiarazioni del padre di Giulia, Gino Cecchettin, che non aveva percepito “alcun disagio” nella figlia, e il fatto che Giulia avesse accettato di incontrare Turetta l’11 novembre per fare shopping. La Procura ritiene che tali elementi non escludano un pattern di controllo e ossessione, come dimostrato dalle indagini e dalla lista preparatoria trovata sul cellulare di Turetta. L’appello punta a ribaltare queste esclusioni, rafforzando la condanna con il riconoscimento di entrambe le aggravanti, considerate fondamentali per inquadrare il caso come un esempio emblematico di violenza di genere.
L’avvocato Stefano Tigani, che rappresenta Gino Cecchettin, padre di Giulia, insieme ai colleghi Nicodemo Gentile, Piero Coluccio e Antonio Cozza, ha commentato: “Ci rincuora il fatto che la Procura abbia impugnato la sentenza, perché conferma che la richiesta di impugnazione del nostro collegio difensivo in difesa della famiglia Cecchettin era fondata”. La famiglia, che ha istituito la Fondazione Cecchettin per la prevenzione della violenza di genere, ha sempre sostenuto la necessità di riconoscere le aggravanti per evidenziare la natura sistemica della violenza subita da Giulia.
Elena Cecchettin e la mancanza delle aggravanti: “Un terribile precedente”
Elena Cecchettin, sorella di Giulia, aveva definito la sentenza di primo grado un “terribile precedente”, criticando l’esclusione della crudeltà e sottolineando che “fa la differenza riconoscere le aggravanti, perché significa che la violenza di genere non è presente solo dove c’è il coltello o il pugno, ma molto prima”. La sua posizione riflette il sentimento di indignazione condiviso da molti, che vedono nella decisione dei giudici una sottovalutazione della gravità del comportamento di Turetta.