La popolazione fragile cresce a vista d’occhio: nell’ultimo decennio si è incrementata del 24,7%, pari a circa 1,7 milioni di persone. La spesa sociale invece cala, soprattutto dove c’è più bisogno.
Si rischia di essere petulanti a ripetere sempre lo stesso refrain, ossia che i problemi sociali più gravi sono al Sud del Paese. E’ un disco che canta sempre la stessa canzone, al punto che ci si è assuefatti al fenomeno. Ora è il turno dell’assistenza socio-sanitaria agli anziani. La popolazione invecchia e cresce a vista d’occhio, ma l’assistenza latita. Il quadro scaturisce dall’ultimo Rapporto Istat, in cui emerge che la popolazione anziana nell’ultimo decennio si è incrementata del 24,7%, pari a circa 1,7 milioni di persone.
Tuttavia il rapporto con la spesa previdenziale è inversamente proporzionale, ossia all’aumento del numero di anziani, cala la spesa sociale. L’anno scorso la spesa destinata alle pensioni è stata di 336 miliardi di euro, il 68,2 della spesa sociale complessiva. Le dolenti note riguardano i servizi socio-assistenziali, vale a dire quelle strutture che offrono servizi di supporto a individui e famiglie in situazioni di difficoltà, sia economiche che sociali. L’obiettivo è di prevenire, eliminare o ridurre i problemi legati a svantaggio, bisogno e disagio, sia individuale che familiare. Nel decennio 2012-2022, infatti, la spesa sociale è calata del 14%. Mentre gli anziani sono aumentati, i soldi sono calati da 107 a 93 euro all’anno, al Sud sono scesi a 40 euro.

Ed ecco spuntare –come se non ne fossimo a conoscenza- il divario territoriale. Si va da un minimo di 19 euro della Calabria ad un massimo di 1500 euro della Provincia autonoma di Bolzano. Anche gli anziani ospiti (!) delle strutture residenziali, al Sud sono lo 0,1%, mentre nel Nord-Est il 2,2%. Questo però potrebbe anche essere il frutto di una diversa concezione culturale e composizione sociale della famiglia, che al sud è molto più granitica. Tant’è che è ancora possibile trovare forme di famiglie allargate, con genitori, nonni e l’eventuale parentado che vivono nel vicinato. In questo caso la distribuzione dell’assistenza può svolgersi all’interno della famiglia stessa. Inoltre le donne, rispetto al Nord, lavorano in numero inferiore, quindi si dedicano alla cura e all’assistenza.

Dai numeri è palese il calo del numero degli anziani presi in carico dai servizi socio-assistenziali. Si è passati dai 596mila del 2012 ai 550mila del 2022. L’assistenza domiciliare, semmai ce ne fosse bisogno, con colf e badanti ha seguito lo stesso trend: 21 euro al Sud e 47 nel Nord-Est. Così come le spese per centri diurni e strutture residenziali o convenzionate, col Sud sempre col fiatone. Un’Italia, quindi, a 2 velocità, in cui usufruire di assistenza dipende più dalla posizione geografica, che dai reali bisogni.
I Comuni, che hanno la competenza dei servizi sociali, in realtà hanno incrementato le risorse finanziarie del 27% rispetto al 2012. Ma sono state deviate in altri interventi di Welfare. Sulla carta le Regioni a statuto speciale, tranne la Sicilia (come volevasi dimostrare, ancora una volta il Sud!) erogano servizi più efficienti, ma sono. comunque, una mosca bianca. Infine, gli over ’80, i cosiddetti “grandi anziani” sono 4,6 milioni, mentre i bambini under 10 sono di numero inferiore. Rappresentano la fascia più fragile della popolazione, spesso non autosufficienti, in quanto hanno bisogno di cure e assistenza continua.