Ancora insoluto il contenimento del randagismo, in aumento le violenze su cani e gatti
Quando si parla di randagismo canino in Italia, viene subito in mente una specifica area del nostro Bel Paese: il Sud, innegabilmente. C’è una linea immaginaria oltre la quale i cani randagi non salgono, o comunque non arrivano, che chiunque si sia trovato a varcare di sicuro avrà notato: il Sud, appunto. Io, che vivo e soffro a Caltanissetta, esattamente al centro dell’isola più bella del mondo, la Sicilia, esercito la mia libera professione da medico veterinario totalmente immerso in questo fenomeno del randagismo, perché qui abbiamo cani liberi, erranti, che sono soliti bivaccare lungo i portici dei palazzi condominiali, in periferia come in centro, e non solo nei terreni in aperta campagna. Cani maschi adulti che, in branco, si muovono camminando dietro all’unica femmina in calore del gruppo, che di accoppiarsi non solo non ne ha la minima intenzione ma neanche la necessità personale. Spesso tale necessità viene, invece, attribuita dal proprietario comune alla sua cagnolina da salotto che invece non vuole far sterilizzare perché, poverina, almeno una cucciolata la dovrà pur fare. No? No. Certo che no.
Neanche per sogno. Ma dove l’hai letto? Il senso di maternità appartiene al cane solo dopo aver partorito. Non prima, ad esempio, come desiderio di vita e di realizzazione “personale”, assolutamente no. Per strada e in giro, qui, di cani se ne vedono veramente tantissimi, di tutte le taglie e le età, soprattutto la sera, ed è facile anche avvicinarcisi, perché difficilmente il cane randagio è molesto: anzi, la maggior parte delle volte, cerca solo, e con scarso successo, quel po’ di cibo che basti per appagare la fame che magari lo assilla dal giorno prima. Per poi tornarsene nel riparo di fortuna in cui ha cercato di riposare durante la notte, che spesso coincide solo con un’aiuola all’angolo del parchetto, davanti al cancello di qualche bella villa padronale, lungo il marciapiede di un grande supermercato oppure semplicemente sotto un furgone parcheggiato lontano da occhi indiscreti. Qui da noi, al Sud, forse non osserviamo mai questo fenomeno dal giusto punto di vista. Una femmina “randagia” che viene sterilizzata ne ricaverà indubbiamente un giovamento per la salute (esattamente come i cani di razza e di proprietà) e sarà posta quindi in una condizione di sicurezza.
E, dato che l’obiettivo primario della Medicina Veterinaria è, e deve essere, il benessere animale, occorrerebbe pensare alla sterilizzazione dei cani randagi in questi termini, perché i cuccioli che troviamo dentro una scatola accanto al cassonetto della spazzatura non sono nati di certo lì dentro: è più logico pensare che qualche umanoide ce li abbia messi.
E’ diffuso trovare il proprietario di una femmina che non vuol far sterilizzare perché è “contro natura” (ah, certo, ci sarebbero anche dei soldi da spendere per l’intervento ma diciamo che la giustificazione è che sia contro natura), e così lascia che la cagnetta si riproduca tutte le volte immotivatamente e che la natura, appunto, faccia il suo corso. Fino al parto. Per poi abbandonare questi poveri cuccioli al triste destino che li attende, nella speranza che qualche anima pia li noti e se ne prenda cura autonomamente o coinvolgendo chi di dovere sia incaricato a farlo. Ma i canili sono pieni, le adozioni sono pochissime, i soldi non bastano mai e le associazioni sono al collasso e prive di ogni risorsa umana e strutturale: è l’amara verità.
Che ci si creda o meno, le istituzioni fanno già tutto ciò che possono per contenere il fenomeno, ma sono gli abbandoni a decretare i dati del randagismo, perché se il proprietario medio non entra nell’ottica che occorra sterilizzare i propri cani (e non solo quelli che si trovano già per strada) o, quanto meno, evitare riproduzioni insensate e totalmente casuali, questo sarà un flusso che non si arresterà mai. Ce ne sono le prove. Ogni giorno mi capita di visitare nuovi piccoli pazienti non di razza, tenuti in braccio amorevolmente da qualcuno che per prima cosa, giustamente, ha deciso di condurli in ambulatorio per una visita di controllo. Ogni volta pongo la solita domanda, di cui, purtroppo, conosco già la risposta: “Da dove arriva questo piccolo cucciolo?”. Ottimista, io, che mi illudo che sia il frutto di un’adozione in canile o il regalo di un amico che quei cuccioli in campagna non li abbandonerà mai. “L’abbiamo trovato per strada, rischiava di farsi investire”, fortunato lui, piccolo cucciolo.
Il randagismo, in Sicilia come in qualunque altro posto del mondo, è semplicemente la conseguenza
di uno dei tanti fattori umani.