Nominato dal Tribunale di Monza, avrebbe approfittato della sua posizione per spendere o trasferire su conti propri e dei familiari oltre 1 milione e mezzo di euro.
Monza – Un amministratore di sostegno di Monza è al centro di un’inchiesta della Procura di Milano per peculato e falsità ideologica. I finanzieri del Comando Provinciale di Monza Brianza hanno sequestrato beni per 1,506 milioni di euro, corrispondenti al presunto profitto di un sistematico sistema di appropriazione indebita ai danni di un assistito, figlio di una nota famiglia di imprenditori brianzoli in condizioni di fragilità.
Tra il 2013 e il 2024, l’indagato avrebbe trasferito denaro a soggetti a lui legati, effettuato prelievi per spese personali e usato carte prepagate dell’assistito, mascherando tutto con rendicontazioni fittizie e causali bancarie false. Parte delle somme è finita su conti esteri. Sospeso per un anno da incarichi pubblici, l’uomo rischia pesanti conseguenze penali in un caso che scuote Monza e solleva interrogativi sulla tutela delle persone vulnerabili.
L’indagato, un amministratore di sostegno nominato dal Tribunale Civile di Monza, è accusato di peculato e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale. Tra il 2013 e il 2024, l’amministratore avrebbe trasferito denaro a conti intestati a familiari o prestanome, con bonifici mascherati da spese per l’assistito; effettuato prelievi in contanti, spesso per decine di migliaia di euro, usati per spese personali come viaggi, auto e mutui; utilizzato carte prepagate intestate alla vittima per acquisti online e in negozi, tra cui beni di lusso.
Per coprire le tracce, l’indagato falsificava causali bancarie (es. “manutenzione casa” per trasferimenti personali), produceva rendiconti fittizi e alterava estratti conto presentati al Giudice Tutelare. Parte del denaro, circa 300mila euro, è stata dirottata su conti in Svizzera e Lussemburgo, rendendo complessa la tracciabilità.
L’assistito, oggi trentenne, è un membro di una famiglia di imprenditori brianzoli, il cui patrimonio include immobili e partecipazioni societarie. Affetto da una disabilità che ne limita l’autonomia, era stato posto sotto il regime di amministrazione di sostegno nel 2012, con l’indagato nominato come curatore per gestire beni per milioni di euro. La famiglia, ignara delle appropriazioni, si fidava dei rendiconti annuali, che apparivano regolari. Solo un controllo casuale del Tribunale Tutelare, spinto dalla segnalazione, ha rivelato discrepanze: un conto corrente, teoricamente destinato alle spese mediche, risultava svuotato. La sorella della vittima, nominata co-amministratrice nel 2024, ha fornito documenti cruciali, confermando i sospetti.
Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, guidato dal tenente colonnello Giovanni D’Anna, ha ricostruito il flusso di denaro attraverso perquisizioni, analisi di 12 conti correnti e oltre 5mila transazioni sospette. Le Fiamme Gialle hanno collaborato con l’Unità di Informazione Finanziaria (Uif) per tracciare i fondi esteri e con l’Agenzia delle Entrate per verificare incongruenze fiscali dell’indagato, il cui tenore di vita risultava incompatibile con il reddito dichiarato. Intercettazioni telefoniche hanno rivelato conversazioni in cui l’uomo discuteva di “coprire i buchi” nei rendiconti. La Procura sta ora indagando su eventuali complici, come familiari o intermediari finanziari, che potrebbero aver agevolato i trasferimenti illeciti. Il valore del danno, 1,506 milioni, è stato calcolato sommando i prelievi indebiti e gli interessi perduti.
L’indagato, assistito dall’avvocato Giorgio Perroni, sarà interrogato dal gip nei prossimi giorni. Rischia fino a 7 anni per peculato e 5 per falsità ideologica, con aggravanti per l’abuso di ruolo pubblico e il danno a una persona fragile. La Procura punta a recuperare l’intero importo sequestrato per restituirlo all’assistito, ma i fondi esteri complicano l’operazione.