Ammazzato per vendetta dalla famiglia rivale?

Il giovane bosniaco dormiva con la compagna incinta nel suo camper. Alle 3 di notte la brutale aggressione finita con la morte del diciottenne incensurato.

MILANO – Jhonny Sulejmanovic, cittadino bosniaco di 18 anni, lo scorso 26 aprile stava dormendo nel suo Fiat Ducato, grigio metallizzato, parcheggiato in via Varsavia a Milano. Con lui c’era la moglie Samantha, incinta di un bimbo. Alle 3 di notte alcune persone hanno infranto i vetri del furgone e Jhonny, mentre apriva la portiera posteriore, è stato attinto al torace da tre colpi di pistola calibro 7.65 che non gli hanno lasciato scampo. I sicari si allontanavano in auto facendo perdere le proprie tracce. Il ragazzo rimaneva a terra agonizzante e cosi lo ritrovavano i soccorritori del 118 che alle 3.13 giungevano sul posto allertati dai parenti della vittima.

Arrivavano immediatamente anche due volanti della polizia mentre i paramedici tentavano di rianimare la vittima che morirà poco dopo al Policlinico dove i sanitari riscontravano anche una ferita al braccio del ragazzo che avrebbe tentato un’inutile difesa. Jhonny, di etnia rom come i suoi genitori e parenti che risiedono in altri due camper parcheggiati nella stessa via vicino ai mercati generali, era nato a Torino dove lavorava al mercato ortofrutticolo del Balon e non aveva precedenti. L’intera famiglia stazionava in via Varsavia da diverse settimane e prima di allora non aveva ricevuto minacce o intimidazioni da parte di nessuno.

Sulla sinistra i camper della famiglia Sulejmanovic parcheggiati in via Varsavia

L’agguato mortale si sarebbe consumato con l’apporto di almeno 4 sicari giunti sul luogo del delitto con un’auto di grossa cilindrata. L’obiettivo da eliminare era proprio il giovane Sulejmanovic. I killer avrebbero sfondato i finestrini laterali ed il lunotto posteriore del furgone con mazze da baseball per poi sparare contro il giovane a bruciapelo. Gli aggressori, però, non sarebbero fuggiti subito dando il tempo ai congiunti della vittima di distruggere, a loro volta, i vetri della loro vettura che poi si allontanava a forte velocità. Sul luogo si recavano anche gli esperti della Scientifica e i detective della Omicidi in forza alla Mobile di Milano diretti dal vicequestore Domenico Balsamo e dal dirigente Alfonso Iadevaia. La compagna della vittima, la madre e una delle sorelle di Jhonny venivano accompagnate in questura per le deposizioni mentre gli altri parenti facevano la spola per l’intera notte tra il Policlinico e via Varsavia.

Poi, una volta appresa la morte del giovane, si lasciavano andare a pianti disperati e scene di rabbia:

”Erano zingari, come noi – racconta urlando Jagoda, 20 anni, una delle sorelle della vittima – Dormivo nella cuccetta di sopra mentre quelli sono arrivati e lo hanno picchiato con un martello, poi hanno tirato fuori le pistole… Erano due o tre, forse cinque, sei, non so. Jhonny l’ho visto a terra. Gli davo gli schiaffi per svegliarlo, poi ho chiesto aiuto ad una signora che si è affacciata…Siamo a Milano da sei mesi, era mio fratello che voleva venire a Milano. Era bravo, non aveva litigato con nessuno, gli volevo bene”.

Anche uno dei fratelli di Jhonny espone la sua versione dei fatti, minacciando cronisti e cameramen per poi imprecare contro i poliziotti e la giustizia italiana:

Il camper della vittima

Dei ragazzi, bosniaci come noi, erano venuti a chiedere a mio fratello di bere al bar con loro – aggiunge il giovane – Non li conoscevamoPoi sono tornati e lo hanno ammazzato“. Gli investigatori non credono a questa versione dei fatti e seguono un’altra pista, sulla scorta di alcune testimonianze. Pare infatti che un’ora prima dell’agguato mortale un gruppo di individui, forse gli stessi killer, si sarebbero avvicinati ai camper in cerca di Jhonny per un “chiarimento” forse legato ad un regolamento di conti. Si parla di una lite avvenuta qualche settimana fa a Torino.

Un uomo di 64 anni, che fa di cognome Sulejmanovic, sarebbe stato aggredito a calci e pugni da alcuni balordi che portano il cognome dei Salkanovic, forse una famiglia rivale. L’uomo chiamava i familiari come rinforzi e nella rissa una donna incinta, da parte dei Salkanovic, veniva malmenata e perdeva il bambino che aveva in grembo. Il fattaccio gridava vendetta. Le indagini a breve chiariranno la vicenda.

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