Il giornalista racconta del mesotelioma nel libro “Le parole per dirlo”. E un operaio per protesta non si taglia la barba da 1000 giorni.
Roma – Nel giorno in cui si celebra la Giornata per ricordare le vittime dell’amianto – il 28 aprile – tra le 60mila vittime morte in dieci anni per malattie legate al pericoloso minerale c’è una storia che colpisce. Perché ha il volto noto di un giornalista che ha dedicato la sua vita alla professione, per molti anni nei teatri di guerra. Parliamo di Franco Di Mare. “Mi sono preso il mesotelioma, un tumore molto cattivo, legato alla presenza di amianto nell’aria e si prende tramite la respirazione di parcelle di amianto, senza rendersene conto“, ha detto Di Mare che ha raccontato temi e contenuti del suo libro “Le parole per dirlo” in cui racconta anche la lotta contro il tumore.
Il giornalista ha spiegato che il mesotelioma è legato alla respirazione di microparticelle di amianto, e la malattia può manifestarsi anche a distanza di trent’anni. Spiega di non “avere scampo”, ma di avere fiducia che la ricerca scientifica farà presto progressi per questa malattia subdola. Poi una polemica fortissima: dopo la diagnosi della malattia, dalla Rai “si sono dileguati”. “Tutta la Rai, dirigenti passati e presenti” afferma il giornalista, “ci saranno motivi sindacali o legali. Volevo lo stato di servizio, per sapere i posti in cui sono stato” e capire dove possa essere stato esposto all’amianto. “Sono spariti tutti“, afferma Di Mare che lamenta “l’assenza sul piano umano… Dirigenti a cui davo del tu si sono fatti negare al telefono. È ripugnante“.
Ora il giornalista Rai vive grazie a un tubicino che gli immette aria: “Questo tubicino che mi corre sul viso – spiega mostrando il suo volto in pubblico – è legato a un respiratore automatico e mi permette di respirare in modo forzato, ma mi permette di essere qui a raccontare“. Già, Di Mare può ancora raccontare – anche se le sue speranze di superare il male sono flebili – ma il suo volto diventa quello dei 60mila che in dieci anni, proprio a causa del mostro amianto, sono morti. Nel 2023, l’Osservatorio Nazionale Amianto ha censito circa 2mila casi di mesotelioma, con un indice di mortalità, rapportato ai 5 anni antecedenti, di circa il 93% dei casi.
Nello stesso anno, sono state circa 4mila le nuove diagnosi di tumore del polmone per esposizione ad amianto (al netto del fumo e degli altri agenti cancerogeni), con un indice di sopravvivenza (a 5 anni) stimato del 12% per un calcolo di circa 3.500 decessi. I dati sono stati diffusi in occasione della Giornata mondiale delle vittime di amianto che si celebra il 28 aprile.
“In questo giorno, in cui si ricordano le vittime dell’amianto rivolgiamo un appello alla premier Meloni perché torni nell’agenda di governo – afferma Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio – Ricordiamo che soltanto la bonifica e messa in sicurezza può evitare le esposizioni ad amianto e quindi le future diagnosi di malattie asbesto correlate che, purtroppo, in più del 90% dei casi si tramutano in una sentenza di morte“.
L’Osservatorio spiega, inoltre, che “ogni anno ci sono 10mila nuove diagnosi, in prevalenza uomini“. Le regioni a maggior rischio sono “la Lombardia, il Piemonte, la Liguria e il Lazio, che rappresentano oltre il 56% dei casi segnalati, con una media annua di casi diagnosticati compresa tra 1.500 e 1.800“. In Italia, nel 2024, sono presenti “40 milioni di tonnellate di amianto all’interno di 1 milione di siti e micrositi, di cui 50mila industriali, e 42 di interesse nazionale. La situazione è ancora più drammatica – aggiunge proprio l’Osservatorio – in quanto il pericoloso cancerogeno è presente anche negli edifici di 2.500 scuole (stima 2023), all’interno delle quali sono esposti più di 352mila alunni e 50mila soggetti del personale docente e non docente”.
Ancora, 1.500 biblioteche ed edifici culturali compresi almeno 500 ospedali (stima per difetto perché la mappatura Ona è ancora in corso), hanno componenti in amianto nelle strutture e negli impianti tecnici, in particolare termici, elettrici e termoidraulici”. Secondo le statistiche dell’Oms, sono circa 125 milioni i lavoratori in tutto il mondo ancora esposti alla sostanza cancerogena e più di 107mila muoiono ogni anno a causa dell’asbesto. Di recente ha fatto scalpore anche la storia di un operaio siciliano Calogero Vicario, che a causa dell’amianto, ha un deficit respiratorio del 38% e deve sempre portare con sé un broncodilatatore.
L’ex operaio, 61 anni, lavorava nelle Industrie meccaniche siciliane e aveva ottenuto con una sentenza di primo grado, insieme ad altri nove colleghi, i benefici amianto e quindi il prepensionamento. Ma i giudici d’appello hanno ribaltato la sentenza. Ora si dovrà pronunciare la Cassazione. Calogero, che ricorda sempre che almeno 20 dei suoi colleghi sono venuti a mancare in questi anni a causa dell’amianto, per protesta non si taglia barba e capelli da oltre 1000 giorni, dal ribaltamento della sentenza di primo grado.
“Ora ci affidiamo alla Suprema Corte – aggiunge – per capire se è giusto che per un cavillo dobbiamo essere trattati come delinquenti. L’Inps, dopo l’appello, ci ha anche chiesto indietro il denaro. È stato difficile, eppure ho sempre pensato di essere nel giusto e che non dovevo assolutamente mollare“.