Il Guardasigilli: “La capacità carceraria del nostro Paese ideata tenendo conto di una minoranza notevole di detenuti minorenni”.
Roma – “La capacità carceraria del nostro Paese è sempre stata costruita e ideata tenendo conto di una
minoranza molto notevole di detenuti minori. Poi improvvisamente ci siamo trovati di fronte quasi a un’invasione di minorenni che vengono soprattutto da altri Paesi”. A dirlo è stato il ministro della Giustizia Carlo Nordio nel corso del convegno ‘Oltre le sbarre la vera libertà. Comunità minorili penali per
un’integrazione reale e inclusiva’. “Molto spesso le organizzazioni criminali inseriscono in queste barche molti minori, che vengono anche per motivi sciagurati inseriti, per provare la pietà ed esercitare una sorta di ricatto morale. Alcuni di questi vengono accolti, altri vengono lasciati a se stessi e talvolta sono quasi costretti a delinquere, si dedicano alla microcriminalità”, ha aggiunto. “Questo ha creato una situazione del tutto nuova ed emergenziale”.
Erano molti anni che non c’erano così tanti minorenni in carcere. Era dal 2009 che non si superava quota 500 giovanissimi dietro le sbarre. Questa soglia psicologica è stata sfondata proprio nelle ultime settimane: al 31 gennaio 2024 le tabelle del ministero della Giustizia segnalano 516 ragazzi chiusi nei cosiddetti Ipm, gli istituti di pena minorile. E non sono aumentati i reati: nel 2015, annus horribilis del crimine minorile, erano stati compiuti gli stessi reati del 2022, ma i giovanissimi in carcere erano 436. Al 15 gennaio 2024 i ragazzi, minori e giovani adulti, detenuti nei 17 Istituti penali per minorenni del nostro paese erano 496.
Le donne erano 13, il 2,6% dei presenti, gli stranieri 254, il 51,2% dei presenti, dunque più della metà. L’istituto con più presenze era il Beccaria di Milano, con 69 ragazzi, quelli con meno erano Quartucciu in Sardegna, con 8 ragazzi presenti, e Pontremoli in Toscana, unico IPM interamente femminile d’Italia, con 8 ragazze. Le altre 5 ragazze presenti erano distribuite tra Napoli e Roma.
Dal 2007 al 2020 il numero dei ragazzi che ogni anno entravano in IPM è andato calando in modo pressoché costante. Con la fine della pandemia questa tendenza si è invertita, e lo ha fatto con un tasso di crescita repentino e prima dunque che il nuovo Governo adottasse, soprattutto con il decreto Caivano, misure che hanno rafforzato ulteriormente questa tendenza. Basti pensare che nel 2023, fino al 15 settembre, sono stati registrati 1.231 ingressi una media di 4,8 al giorno. Dal 15 settembre, giorno dell’entrata in vigore del decreto Caivano, fino al 31 dicembre, si sono registrati 576 ingressi in 108 giorni, con una media dunque di 5,25 ingressi al giorno.
I ragazzi sono soprattutto italiani, mentre le ragazze italiane sono solo una minoranza. Tra i maschi la maggior parte di coloro che non sono italiani viene dalla Tunisia (12,3%), dal Marocco (10,6%) e dall’Egitto (10,4%). Le ragazze invece vengono soprattutto dalla Bosnia-Erzegovina (23,3%), dalla Serbia (10%) e dalla Croazia (8,3%). Mentre però questa fotografia ricalca tendenze in atto da molto tempo, altre caratteristiche dei ragazzi detenuti negli IPM italiani stanno invece cambiando. Si guardi ad esempio all’età dei ragazzi detenuti nei nostri IPM al 15 gennaio 2024. La fascia più rappresentata è quella dei 16 e 17 anni, ed in totale i minorenni sono in larga maggioranza, il 57,7%, dei presenti, soprattutto tra le ragazze (61,5%) e tra gli stranieri (64,2%).
La preponderanza di ragazzi detenuti in IPM è senza una sentenza definitiva. Sono il 68,5% del totale dei presenti, e addirittura l’88,8% tra i minorenni e il 75,6% tra gli stranieri. Se paragoniamo il dato a quanto si registra nelle carceri per adulti, dove le persone senza una condanna definitiva sono attorno al 30%, già molte rispetto alla media europea, il dato degli IPM dovrebbe allarmare. In effetti però questo dato va letto in modo parzialmente diverso. L’IPM è una tappa generalmente breve di un percorso più lungo, che si svolge soprattutto altrove, nelle comunità e sul territorio. Se al 15 gennaio 2024 i ragazzi detenuti senza una condanna definitiva erano il 68,5% , nel 2022 erano il 52,5% sul totale dei presenti, l’87,0% tra i minori ed il 55,7% tra gli stranieri. La crescita dei ragazzi detenuti in custodia cautelare riguarda dunque soprattutto gli stranieri.
E ancora, i reati per cui i minori entrano in carcere: quelli contro la persona, i fatti generalmente più gravi e che prevedono le pene più severe, sono il 22,7% dei reati a carico delle persone entrate in IPM. Tra questi però il più frequente sono le lesioni personali volontarie, uno tra i meno gravi, che rappresenta il 9,9% dei reati a carico di tutti coloro che entrano in IPM, ed il 5,8% dei reati a carico delle sole donne. La categoria di reati più frequente è quella contro il patrimonio, che rappresenta il 55,2% dei totale nel 2023, il 63,9% se si guarda ai soli stranieri, e addirittura il 70,2% se si guarda alle sole donne. Tra i reati contro il patrimonio il più ricorrente è la rapina, che pesa per il 30,5%, seguito dal furto con il 15,1%.
I reati contro l’incolumità pubblica (10,6% del totale) sostanzialmente coincidono con la violazione della legge sugli stupefacenti, che rappresentano il 10,2% nel 2023, ed il 14,5% se si guarda ai soli italiani. Questi numeri, se si guarda agli ingressi nel 2022, erano rispettivamente il 6,9% e l’8,6%. Di fatto, se si confrontano i delitti a carico delle persone entrate in IPM nel corso del 2022 con quelle entrate nel 2023, la crescita maggiore è quella registrata appunto per le violazioni della legge sugli stupefacenti, che sono aumentate del 37,4% in un solo anno.
E ancora un dato: il 76% dei ragazzi con una misura cautelare escono dall’IPM per recarsi in una Comunità.
Solo il 31% esce per aver finito di scontare la propria pena, assai di più quelli che escono per andare a scontare la propria pena in detenzione domiciliare (38%) e in affidamento in prova al servizio sociale (27%). Nel 2022 i ragazzi e le ragazze usciti dagli IPM a fine pena erano il 25,5% degli usciti per esecuzione di pena, contro il 31% del 2023. Mentre le persone uscite in detenzione domiciliare erano il 29,9% nel 2022, contro il 38% del 2023, e quelle uscite in affidamento il 29,9%, contro il 27% del 2023.