A TUTTO C’E’ UN LIMITE. DE LUCA LO HA SUPERATO.

I rappresentanti delle istituzioni non possono fare ciò che vogliono. Ci sono dei limiti che non possono essere superati. Crozza fa ridere, De Luca no.

De Luca ama essere la macchietta e la parodia di sè stesso. Crozza, nelle sue imitazioni del governatore della Campania, non inventa nulla. Non esagera un linguaggio che è già esasperato, ma si limita a enunciare locuzioni che lo stesso De Luca potrebbe pronunciare. Esponente di punta di una vetusta classe dirigente dell’Italia meridionale, De Luca trasuda ed esibisce forzatamente disprezzo e superiorità per le persone che prende di mira. Facendo l’occhiolino d’intesa a quelli che la pensano in modo “giusto” come lui.  L’arroganza e il senso di intoccabilità da paladino della correttezza, sono palesi nelle sue frasi, accompagnate da una mimica facciale quasi statica. Accenna appena alla contorsione di un sorrisetto ambiguo, quasi a lasciare spazio a un’eventuale scappatoia interpretativa, giustificandosi con l’artificio dell’iperbole. De Luca incarna un certo strapotere di una classe dirigente che usa canoni espressivi usurati.

Le frasi colorite, evocanti immaginifiche punizioni, “chi mi assedia avrà olio bollente”, “manderò i carabinieri con il lanciafiamme”, sono peculiari della sua persona politica. Sono però in linea con un vecchio linguaggio del potere, altrettanto veemente e violento, anche se di solito più contenuto e discreto nella forma. È l’eredità di un’Italia che è incapace di scrollarsi di dosso un’idea sbagliata del significato di cultura. È il risultato del sistema universitario, ancora vigente, dei “baroni”. Dove la parola baroni rimanda a una vaga nobiltà che sfortunatamente nega la modernità dell’emancipazione per merito. Se sei nobile, memori della frase di Toto “Signori si nasce, e io lo nacquinon devi trovare il tuo posto nel mondo. Ci sei nato dentro, oppure no.

Maurizio Crozza imita De Luca

De Luca sarebbe divertente (e i millennial, ignari della portata dei suoi atteggiamenti lo trovano divertente) se fosse un attore e recitasse un monologo teatrale con tutte le sue “trovate”. “I cinghialoni della mia età, da arrestare subito perché senza mascherine”.

Il suo sarcasmo non è mai intelligente e non fa ridere. Quest’aspetto però è irrilevante, perché non è quello il suo scopo. Il governatore infatti non si rivolge all’intelligenza del suo pubblico ma comunica attraverso il pensiero emozionale, che ciascuno di noi sviluppa come prima reazione ad una situazione irritante. Chi non vorrebbe dire all’amico pesante ciò che pensa nel momento in cui è arrabbiato, senza freni inibitori? Il linguaggio di De Luca deriva la sua efficacia dalla posizione di potere di chi lo usa, cioè dall’alto. Nasce e prolifera soprattutto laddove culture e tradizioni, tipiche dei confini della regionalità italiana, dimenticano che l’emancipazione ha bisogno di un futuro e non solo di un passato su cui poggiarsi.

Alcuni negozi hanno riproposto il governatore della Campania Vincenzo De Luca con il celebre lanciafiamme!

Esibire una cultura prettamente umanistica, usandola per portare avanti l’illusione che l’arretrato universo baronale non sia cambiato con le modifiche della società, appartiene ai “dinosauri” come De Luca. E che fine abbiano fatto i dinosauri, ce lo insegna la scienza e non la pur fondamentale letteratura.

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