A Roma una targa per ricordare l’arresto di Enzo Tortora, 41 anni fa all’hotel Plaza

La compagna Scopelliti “Paese non riesce a dare risposte a crimine giudiziario”, la figlia Gaia non ha apprezzato la scelta del luogo.

Roma – Il 17 giugno 1983, precisamente quarantuno anni fa, alle prime ore del mattino, i telegiornali vengono monopolizzati da una notizia incredibile: il presentatore televisivo Enzo Tortora, popolare conduttore di una trasmissione di successo che aprirà la strada a tanti altri format, Portobello, è stato arrestato alle 4 del mattino presso l’Hotel Plaza di via del Corso a Roma. Per lui scattano le manette con l’accusa di traffico di stupefacenti e associazione di stampo camorristico. L’operazione porta in galera altre centinaia di persone: ben 855. Tortora viene trasferito al Comando del gruppo Operativo di Via Inselci, poi a Regina Coeli. Il suo fermo diventa un evento mediatico. Viene costretto, in una Via Crucis moderna, a sfilare ammanettato tra due ali di fotografi e operatori televisivi. Un pasto cannibalesco e brutale. 

Riecheggia nelle orecchie e nelle coscienze quella frase pronunciata da Tortora di fronte a quei giudici che avevano sbagliato sul suo conto “Io sono innocente, e spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi”. Parole amare, che però anticipavano quello scenario drammatico dove gli artefici di quel dramma umano non pagano mai per i loro errori. I magistrati che inquisirono e condannarono Tortora fecero tutti carriera. Nessuno subì un qualsiasi provvedimento disciplinare o vide rallentata la progressione professionale. Non solo. Uno dei magistrati che sostenne l’accusa nei confronti del conduttore di Portobello venne eletto al Csm.

Enzo Tortora nella sua trasmissione “Giallo”

E oggi Francesca Scopelliti, compagna di Enzo Tortora, davanti alla stele che ricorda il giorno dell’arresto del giornalista e personaggio Tv, ricorda l’uomo e il personaggio. “Ricordiamo i 41 anni dell’arresto di Enzo Tortora, 41 anni sono tanti perché sono metà di una vita normale e sono tanti, troppi, ma sono anche tutti inutili perché quando un Paese, in tanti anni, non riesce a dare una risposta a quel crimine giudiziario che ha colpito Enzo, quando non fa tesoro di un errore, cercando le cause per trovare i rimedi, beh allora devo dire che le questioni di democrazia, di cultura del diritto sono messe in discussione”.

Non senza qualche polemica, da parte di una delle figlie di Enzo Tortora, oggi è stata inaugurata a Roma una nuova targa al giornalista a 41 anni dall’arresto. La targa, fortemente voluta da Francesco Rutelli con il consenso del Comune di Roma è stata affissa in prossimità dell’hotel Plaza, l’albergo su via del Corso in cui alloggiava Tortora la mattina in cui fu arrestato. Scelta questa non proprio apprezzata dalla figlia Gaia che avrebbe preferito ricordare il padre in un altro luogo. L’altra figlia, la primogenita Silvia, è morta due anni fa.

Una immagine di Tortora nella trasmissione Portobello

Il 17 settembre 1985 il presentatore fu condannato a dieci anni di reclusione per associazione a delinquere di tipo mafioso e traffico di stupefacenti. Nell’appello, un anno dopo, fu ribaltata la sentenza: assolto con formula piena. Nel frattempo era diventato europarlamentare nelle file dei Radicali, incarico da cui si dimise per consegnarsi agli arresti. Tornò a presentare ‘Portobello’ il 20 febbraio 1987. Aprì la trasmissione, visibilmente emozionato e segnato dal suo calvario, con un breve discorso, mai dimenticato da chi lo ascoltò.

“Dunque, dove eravamo rimasti? Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche. Una me la consentirete: molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me questi terribili anni. Molta gente mi ha offerto quello che poteva, per esempio ha pregato per me, e io questo non lo dimenticherò mai. E questo “grazie” a questa cara, buona gente, dovete consentirmi di dirlo. L’ho detto, e un’altra cosa aggiungo: io sono qui, e lo sono anche, per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti, e sono troppi; sarò qui, resterò qui, anche per loro”.

Il giornalista con la figlia Silvia Tortora

La Corte di Cassazione, il 13 giugno 1987, chiuse la vicenda giudiziaria. Il 18 maggio 1988, a 59 anni, il presentatore e autore muore per un tumore ai polmoni. “Mi hanno fatto esplodere una bomba atomica dentro”, commentò nei mesi precedenti. Tortora era un uomo garbato, colto, competente, ironico. E’ stato l’errore giudiziario italiano per eccellenza. Tuttavia va considerato che tante e troppe cose non sono cambiate. I processi continuano a durare troppo a lungo, mentre la cultura della presunta innocenza è sempre più messa in discussione dal linciaggio mediatico preventivo, di cui i social rappresentano la gogna più atroce.

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