Troppi inattivi e la politica si dia una mossa

Un giovane su quattro è laureato ma sono le opportunità di lavoro che latitano. Occorre che la politica faccia la sua con serietà e concretezza, una volta per tutte.

In Italia i giovani inattivi sono quasi il doppio della media europea! Nel nostro Paese il mercato del lavoro giovanile è caratterizzato dalla numerosa presenza di non attivi rispetto al resto d’Europa. Sono conosciuti con l’acronimo “Neet” (Not in Education, Employment or Training), ossia la quota di popolazione in età giovanile né occupata e né inserita in un percorso di istruzione o formazione.

Si tratta di giovani appartenenti alla fascia d’età tra i 15 e 29 anni, talvolta estesa fino a 34, che in Italia rappresentano una percentuale significativa della popolazione giovanile, superiore alla media europea, con un picco tra i 25 e i 29 anni. Sono, infatti, 1,4 milioni di giovani, il 23,4% della popolazione, contro il 13,9% della media europea. L’aspetto peculiare è che 1 su 4 è laureato, a conferma quanto sia carente il rapporto formazione-lavoro e l’incapacità politica e imprenditoriale di porre un argine al fenomeno.

Questi temi sono emersi durante l’audizione alle Commissioni Cultura e Lavoro della Camera, il 26 novembre scorso, di Confartigianato, Cna, Confesercenti e Conflavoro, per l’esame della proposta di legge recante l’istituzione della Giornata nazionale per il contrasto dell’inattività giovanile, al fine di promuovere l’inclusione sociale, formativa e lavorativa dei giovani che non frequentano la scuola né svolgono attività lavorative, di tirocinio o di apprendistato. Più che istituire l’ennesima giornata celebrativa, sarebbe il caso di risolvere il problema dei Neet!

Le associazioni sindacali, pur apprezzando l’iniziativa, hanno ribadito come sia urgente e necessaria una visione politica stabile e condivisa della formazione occupazionale. Bisogna offrire ai giovani strumenti idonei di intercettazione delle opportunità già esistenti, spesso accantonate o non fruibili a causa dello squilibrio tra domanda e offerta di lavoro. Malgrado l’occupazione giovanile, nell’ultimo quadriennio, sia cresciuta quasi dell’8%, l’inattività giovanile resta la criticità principale. Poteva mancare la presenza del Mezzogiorno d’Italia come rappresentante del territorio più vulnerabile? Certo che no!

Occorrono più opportunità di lavoro, serie e dignitose

Infatti la percentuale è oltre il 19%, con punte massime del 26% in Calabria. Secondo i sindacati urge una risposta complessiva e non occasionale, come fatto finora. Inoltre l’intervento legislativo dovrebbe istituire un tavolo ministeriale permanente, coinvolgendo, le parti sociali, per monitorare assiduamente le soluzioni e gli interventi sullo squilibrio tra domanda e offerta. Diffondere tra i giovani le opportunità che può offrire l’artigianato come impresa, un settore da cui scaturiscono autonomia, percorsi professionali e creatività.

Infine puntare sul fattore qualità, in quanto nell’impresa artigiana ci sono talenti, progetti e un sistema di tutele per quanto riguarda ammortizzatori sociali, welfare integrativo, sicurezza e formazione continua. L’impresa artigiana, dunque, un luogo dove competenze specifiche, responsabilità, autonomia professionale e innovazione formano un cocktail perfetto. Perché, come hanno concluso le confederazioni, l’inattività giovanile può essere debellata solo con un rapporto sinergico tra scuola e impresa, con serie politiche e valorizzando il talento dei ragazzi.

L’artigianato, come categoria, è pronto al coinvolgimento, ma chiede un giusto riconoscimento politico. Chiacchiere che si spera possano trasformarsi in fatti concreti. Chi vivrà vedrà.