Erano definite “pane dei boschi” per il loro valore nutrizionale. Oggi si punta molto su rivalutazione e ampliamento dei castagneti ai fini della conservazione della biodiversità.
I castagneti come sviluppo delle aree montane. Per i contadini, i castagneti hanno rappresentato una fondamentale risorsa di sostentamento e un simbolo della civiltà montana. I castagneti fornivano frutti per l’alimentazione, ma anche legno per la creazione di oggetti d’uso quotidiano come mobili, utensili e attrezzi agricoli. Rappresentano anche una componente essenziale del paesaggio e dell’economia rurale, e oggi sono valorizzati per la loro importanza ecologica e turistica. Le castagne erano una risorsa alimentare fondamentale, in particolare nelle aree montane, e integravano una dieta basata su cereali e allevamento.
Erano definite “pane dei boschi”, a testimoniare il loro valore nutrizionale. Ma evocavano, anche, fertilità, prosperità e buon augurio per l’inverno. Inoltre i castagneti fornivano legname per una vasta gamma di manufatti: cassoni, bauli, mestoli, cucchiai, ciotole, telai, tini, forme per formaggio, arnie e giocattoli. Il legno era utilizzato anche per scopi agricoli, come la costruzione di torchi, e per l’edilizia. La coltivazione delle castagne ha dato vita a mestieri e tradizioni specifici, spesso tramandati di generazione in generazione, come evidenziato dal legame con eventi e sagre locali.
Ospitando una grande varietà di organismi (insetti, uccelli, mammiferi e funghi), contribuiscono alla conservazione della biodiversità. I cambiamenti climatici hanno scosso questo meccanismo quasi perfetto. Oggi, più di ieri, si rende necessario un ritorno alla castanicoltura, anche per la prevenzione di dissesti idrogeologici. Un lavoro basato sul controllo della piantumazione di specie adatte, sistemazione di argini e pulitura dei fiumi, monitoraggio del consumo di suolo, fino alla cura dei terreni agricoli produttivi. Un ritorno alla cara vecchia castagna, ad atmosfere autunnali, con la caduta delle foglie e il profumo inebriante delle caldarroste.

Questo processo di rivalutazione è stato presentato dall’Accademia Nazionale dell’Agricoltura durante il convegno “Conservazioni della Biodiversità forestale e del castagno” tenutosi dal 23 al 25 settembre scorsi a Imola (Bo). Questa pianta tipica del nostro Appennino, oltre ad essere provvista di importanti qualità organolettiche, possiede anche principi attivi per la cosmetica e farmacologia. Il recupero di zone montane abbandonate produrrebbe benefici all’ambiente e al lavoro, in quanto tutela ambientale e sviluppo produttivo possono essere un binomio vincente.
Un modo per agevolarlo è il progetto della Regione Emilia-Romagna “Mettiamo radici per il futuro“, volto a incrementare la superficie boschiva attraverso la piantumazione di circa 4,5 milioni di nuovi alberi in 5 anni. Il progetto mira a migliorare la qualità dell’aria, creare “infrastrutture verdi” in città e riqualificare paesaggi agroforestali, coinvolgendo cittadini, scuole, associazioni ed enti. I castagneti come veri e propri guardiani dell’ambiente e del paesaggio.
E’ un ritorno alla sana tradizione contadina, frutto di un sapere secolare rispettoso dei ferrei ritmi della natura. Poi si è imposta la scellerata cultura di produrre sempre di più e a velocità sostenuta, utilizzando sostanze nocive per reggere il ritmo. Oltre a influire negativamente sulla massiccia distruzione del suolo per costruire, spesso, cattedrali nel deserto senza utilità sociale, solo per rimpinguare le casse dei speculatori edilizi.