Largo agli anziani: si, no, forse…

I lavoratori con i capelli bianchi hanno più o meno competenze professionali? Se fosse solo per l’età certamente si ma non è detto. I pareri, infatti, sono discordi.

L’assenza di abilità professionali dei lavoratori anziani è un vulnus per l’economia. E’ proprio vero che la realtà e molto eterogena tanto da somigliare ad un pot-pourri. Si è appena appreso dall’ISTAT che i lavoratori ultracinquantenni sono aumentati perché richiesti dal mercato del lavoro. Ora l’Organizzazione per la Cooperazione e Sviluppo Economico, la famosa OCSE, ci suggerisce che la criticità maggiore del mercato del lavoro italiano è la mancanza di competenze professionali dei lavoratori anziani. A chi bisogna credere di grazia?

La cronaca impone di raccontare i fatti dal punto di vista fenomenologico e in quanto suoi devoti servitori si rispetta l’invito. L’analisi dell’OCSE si basa sul “Future of Jobs Report 2025” del World Economic Forum (WEF), uno studio biennale che analizza le tendenze globali che plasmeranno il futuro del lavoro nei prossimi cinque anni. Ecco i punti dolenti. La partecipazione all’aggiornamento professionale tra lavoratori giovani e anziani è sbilanciata a favori dei primi, 49%, mentre i secondi si fermano ad un misero 32%, seppure la differenza cambia in ogni Paese.

L’OCSE, a conferma delle sue interpretazioni, nel luglio scorso ha pubblicato l’“Employment Outlook 2025” (Prospettive dell’Occupazione 2025), un rapporto annuale che analizza lo stato e le prospettive del mercato del lavoro. E’ stato constatato che con l’avanzare dell’età decresce la spinta per frequentare corsi di aggiornamento. E cosa ci si aspettava? Che ad una certa età i lavoratori avessero fatto il pieno di entusiasmo? Dopo i 60 anni la pazienza è la sopportazione sono scarse e si ha solo voglia di non essere lì in quel momento. L’età in cui inizia il declino dell’appeal dei corsi inizia dopo i 45 anni. La tendenza vale sia per l’aggiornamento teorico che pratico. Le cause possono essere dovute alla volontà ormai ridotta al lumicino, ai vincoli temporali o ai costi.

Lavoratori anziani: più o meno competenze? Da Il Post

I lavoratori con i capelli bianchi dei Paesi del Nord Europa sembrano, dal punto di vista partecipativo, più arzilli col 50%. Se si pensa che la media dei 29 Paesi appartenenti all’OCSE è del 29%, è un risultato notevole. Non è che dipende da un welfare state molto avanzato ed efficace? L’Italia, come al solito, primeggia…per essere ultima, con la quota più bassa di partecipazione, pari al 18,5%. Non è difficile immaginare, vista l’indole italica, quei rari lavoratori ultra 50enni che frequentano i corsi di aggiornamento esprimendo la stessa aria di “quando un gatto si attacca ai testicoli”.

Gira e rigira è sempre la solita questione di soldi. Una delle ragioni per cui i lavoratori anziani sono restii a frequentare i corsi dipende anche dalla minore inclinazione del management ad investire. Perché è improduttivo, vista l’età, non molta lontana dalla pensione e dal…passare a migliore vita. Tutti i massimi esperti del settore sono concordi che la formazione continua sarà il fondamento per antonomasia per adeguarsi ad un mercato del lavoro altamente tecnologico. Urge, dunque, un chiaro coinvolgimento degli anziani nei processi produttivi, proprio in nome dell’economia. Si è visto che anziani più competenti significa maggiore produttività.

A questa urgenza va associata una politica economica volta alla crescita delle competenze dei lavoratori di una certa età, capace di eliminare le barriere per la crescita professionale e rilanciare l’integrazione del lavoro. Mandarli in pensione prima no? Giammai, si vive più a lungo!