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Agricoltura rigenerativa: l’unica via per salvare ambiente, clima e salute

Il cambiamento climatico mette in crisi l’agricoltura, sempre più vittima e colpevole. Solo un approccio rigenerativo può salvare suolo, biodiversità e salute collettiva.

Il cambiamento climatico ormai lo stiamo subendo sulla nostra pelle. Sta sconvolgendo l’equilibrio della natura con temperature elevate interrotte da improvvisi nubifragi. Questo alternarsi provoca tempeste più intense e frequenti che causano inondazioni e frane, distruggendo case e comunità. Inoltre aumenta la siccità, con danni non solo al clima, ma all’agricoltura in generale, che si trova nell’insolita veste di vittima e assassina.

Spesso in questo mondo che viaggia a velocità supersonica, molti aspetti della vita si danno per scontati. E’ il caso dell’agricoltura, i cui prodotti sulle nostre tavole, per molte persone, arrivano senza sapere come nascono e si sviluppano. E invece l’agricoltura, in qualunque contesto storico, tecnologico o meno, resta il settore primario per eccellenza dell’economia. Un ecosistema, inteso come l’insieme degli organismi viventi e della materia non vivente che interagiscono in un determinato ambiente costituendo un sistema autosufficiente e in equilibrio dinamico, che è in forte sofferenza a causa dell’uso di molte sostanze chimiche, pesticidi in primis e per lo sviluppo di monocolture intensive che hanno causato una forte riduzione della biodiversità. In questo modo si punta al livello più elevato di controllo sulle variabili in gioco.

L’ecosistema è in forte sofferenza a causa dell’uso di molte sostanze chimiche, pesticidi in primis.

Alla diffusione di questa concezione hanno contribuito prima gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) e poi le Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA), strumenti con cui si applica la modifica genetica delle sementi, le seconde considerate più all’avanguardia in quanto più vicine a quelle naturali.

Ma l’aspetto fondamentale è che l’agricoltura si salva ed è sicura se viene salvaguardata la biodiversità. Finché vige la presunzione di ritenere che ciò che viene creato in laboratorio, dove vengono controllate tutte le variabili, possa avere successo anche nell’ambiente esterno soggetto a fattori imprevedibili, non si va da nessuna parte. Le relazioni tra organismi viventi sono molto più complesse di quelle immaginabili in laboratorio.

L’allevamento intensivo non fa che portare alle estreme conseguenze i danni: gas climalteranti, inquinamento di falde acquifere, uso di liquami

L’allevamento intensivo non fa che portare alle estreme conseguenze i danni prodotti: gas climalteranti, inquinamento di falde acquifere, uso di liquami. Sono le premesse di fondo ad essere andate in crisi, ossia la volontà dell’essere umano di tenere tutto sotto controllo, pensando di controllare la natura, quando invece è il contrario. Il profitto non deve essere raggiunto a qualsiasi costo, valutando solo l’economia dell’attività in questione, senza conoscere quali effetti possono riversarsi sulla collettività.

Ci si riferisce alla salute e danni ecologici irreversibili. Basta, come esempio, ricordare l’alto tasso di tumori nella “terra dei fuochi” in Campania, provocato dallo sversamento di rifiuti nocivi provenienti dalle industrie del Nord, che si è trasformato in “business” nelle mani della criminalità organizzata. Tuttavia, sono tante le aziende che hanno deciso di praticare un’agricoltura rigenerativa, eliminando i prodotti chimici, che guarda alla salute del suolo e a ripopolare la biodiversità. Non dominio, ma coesistenza e collaborazione, questa è la strada! E’ necessario un cambio di paradigma culturale in cui la propria salute, fisica e psicologica, è strettamente legata all’ambiente in cui si vive. Si spera che questo nuovo modello faccia proseliti, perché, alla resa dei conti, senza agricoltura, non si mangia e se è rigenerativa, il cibo si gusta meglio!

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