Operazione della Guardia di Finanza contro un presunto sodalizio criminale transnazionale: sotto sequestro anche società estere e flussi di denaro verso l’Europa dell’Est.
Bari – Nella mattinata di oggi, la Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Bari ha dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo del valore complessivo di circa 6 milioni di euro, emesso dal GIP del Tribunale di Bari su richiesta della locale Procura della Repubblica. Il provvedimento ha colpito sette persone fisiche e numerose società estere riconducibili a un presunto sodalizio criminale.
Gli indagati, al momento sotto inchiesta nella fase preliminare del procedimento penale, sono accusati – a vario titolo e in concorso tra loro – di associazione per delinquere, abusivismo finanziario, truffa aggravata e autoriciclaggio, reati tutti connotati da un marcato profilo transnazionale.
L’indagine ha avuto origine da segnalazioni di operazioni sospette e dalle denunce presentate da due risparmiatori, che hanno consentito di avviare approfonditi accertamenti affidati al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari. È così emersa una rete di operazioni finanziarie anomale che prevedevano il trasferimento di ingenti somme verso conti esteri, intestati a società riconducibili agli indagati.
Secondo la ricostruzione accusatoria, il gruppo avrebbe promosso in Italia – in particolare nella provincia di Bari – una sistematica raccolta di denaro da parte di clienti convinti a sottoscrivere contratti di investimento in “Fixed Bond Term” (detti comunemente “Bond”), promettendo rendimenti netti annuali fino al 6%. Tali titoli erano intestati a una società inglese priva di autorizzazioni ad operare in Italia. I fondi raccolti venivano trasferiti all’estero e in parte reinvestiti, tra cui anche una sponsorizzazione da 250.000 euro a favore di una società calcistica lombarda.
In una seconda fase, alcuni indagati avrebbero proposto nuovi strumenti finanziari sotto forma di “conti deposito” e “prestiti societari”, sempre promettendo rendimenti elevati (tra il 3% e il 7% annuo) attraverso società ungheresi anch’esse prive di abilitazioni in Italia. Le proposte venivano pubblicizzate su Facebook, su quotidiani online regionali e tramite appositi uffici aperti a Bari.
Le indagini hanno accertato che né gli individui coinvolti né le società collegate risultavano iscritte presso albi o registri tenuti dalla Banca d’Italia, dalla Consob o da altri organi di vigilanza. Inoltre, una parte della pianificazione e gestione delle operazioni illecite sarebbe avvenuta all’estero.
Il carattere internazionale delle attività criminali ha richiesto il ricorso a strumenti di cooperazione giudiziaria su scala europea, per tracciare i flussi finanziari occultati attraverso conti situati in Repubblica Ceca, Polonia, Lituania, Ungheria, Regno Unito, Germania e Bulgaria.