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Dazi, la strategia Meloni: “Modello britannico” per salvare l’export italiano

Roma punta su un accordo rapido con Washington per tutelare sicurezza ed economia. Tensioni con la Spagna sulle spese militari.

ROMA – L’incertezza regna sovrana nelle cancellerie europee ma Giorgia Meloni ha le idee chiare. Di fronte alla minaccia dei dazi trumpiani, la presidente del Consiglio ha elaborato una strategia precisa che ha presentato giovedì sera ai colleghi europei: il “modello britannico”.

L’approccio italiano è pragmatico quanto ambizioso. Roma chiede alla Commissione europea di individuare tre o quattro macro-settori su cui negoziare con Washington, fissare una soglia del 10% e poi annunciare al mondo: “Abbiamo raggiunto un’intesa”. La formula magica sarebbe: “Siamo d’accordo sul fatto che troveremo un accordo”. Un escamotage per tranquillizzare mercati e imprese, mentre i tecnici lavoreranno nei mesi successivi ai dettagli dell’accordo.

L’asse Roma-Berlino contro l’incertezza

La strategia di Meloni trova un alleato inaspettato in Friedrich Merz, il cancelliere tedesco. Non è un caso: Italia e Germania sono le due grandi economie esportatrici del continente e hanno disperato bisogno di mandare segnali di stabilità alle proprie aziende. Il rischio di una “gelata” economica indotta dall’incertezza è troppo alto per permettersi tentennamenti.

meloni
Giorgia Meloni

Ma l’Italia ha un’altra motivazione, forse ancora più pressante: la sicurezza nazionale. Da settimane, la diplomazia americana e lo stesso Trump ricordano a Roma un dato apparentemente neutro ma dal sottotesto inequivocabile: “Finora ci siamo occupati della difesa europea, ora siamo proiettati anche su altri scenari”, a partire dall’Indopacifico.

Il ricatto velato di Washington

Il messaggio è chiaro anche se non ufficiale. Gli Stati Uniti garantiscono all’Italia la deterrenza dagli attacchi esterni, soprattutto attraverso lo scudo nucleare, ma il numero di soldati americani nelle basi della penisola potrebbe progressivamente ridursi. Washington vuole che questo avvenga “in modo coordinato e progressivo, senza strappi”, ma il prezzo da pagare sono i dazi.

Il ragionamento di Trump è semplice: mantenere basi militari all’estero costa caro e da tempo il Presidente americano lamenta di contribuire alla difesa degli alleati con “costi esorbitanti”. I dazi diventano così una modalità per riequilibrare questo squilibrio finanziario.

Le richieste aggiuntive di Trump

Il tycoon non si accontenta delle barriere commerciali. Come ha spiegato Ursula von der Leyen (che inizialmente ha tenuto riservata la lettera americana), la Casa Bianca vuole aprire canali privilegiati in due settori cruciali per Italia e Germania: automotive ed energia.

Ursula Von der Leyen

Washington pretende di vendere auto americane in Europa e chiede che i partner Ue acquistino gas statunitense al posto di quello russo. Con una eventuale tregua tra Mosca e Kiev, infatti, quel flusso energetico potrebbe ripartire ed è proprio questo ciò che il Presidente vuole evitare.

Lo scontro con la Spagna

Le tensioni si estendono anche al fronte militare. L’impegno dei Paesi Nato di aumentare le spese per la difesa – ottenuto da Trump – rappresenta un costo enorme per gli europei e un problema di consenso interno. Non a caso, un dossier riservato dell’ufficio studi di Fratelli d’Italia ha attaccato duramente il premier spagnolo Pedro Sánchez, che non vuole aumentare oltre il 2,1% gli investimenti in difesa.

Giovanbattista Fazzolari

Nel documento, firmato dall’emanazione diretta del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, si sostiene che non esiste alcuna “eccezione” per Madrid e che la mossa spagnola “è suscettibile di mettere a repentaglio la sicurezza di tutti”. Un attacco frontale che rivela le crepe nell’unità europea di fronte alle pressioni americane.

La scommessa di Palazzo Chigi

La speranza di Meloni è che i tecnici riescano a sciogliere i nodi più complessi dell’accordo. La posta in gioco è alta: salvare l’export italiano senza compromettere l’alleanza atlantica. Una partita che si gioca su più tavoli – commerciale, militare e diplomatico – e dove ogni mossa sbagliata potrebbe costare cara all’Italia e all’Europa intera.

Il tempo stringe e le incertezze restano molte. Ma per ora, la presidente del Consiglio ha scelto la sua strada: meglio un accordo rapido e generale che un braccio di ferro dai risvolti imprevedibili.

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