speranza di vita

La speranza di vita? Nel Meridione resta più bassa rispetto al Nord. E il divario si allarga

Le differenze nelle risorse, nel reddito e nei servizi alimentano la forbice territoriale: ecco quali sono secondo l’ISTAT.

La speranza di vita nel Meridione è inferiore al Nord Italia. Nella città di Trento si vive in media 84,7 anni, mentre in Campania 81,7, ben 3 anni in meno. Anche se nell’ultimo ventennio l’aspettativa di vita è cresciuta da 80,7 anni a 83,4 anni. Questi dati sono emersi Il 28 maggio durante l’audizione dell’ISTAT presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale.

Il Trentino-Alto Adige è la regione dove si vive più a lungo. Campania e Sicilia con i tassi più bassi. Vale a dire che trascorrere una vita intera a Napoli o a Trento, ha un’influenza diversa sulle persone. Il divario ha evidenziato una tendenza ad espandersi negli ultimi 20 anni, con una notevole crescita degli svantaggi. In dettaglio, ad esempio in Calabria si è registrata una differenza di 1,1 anni e in Sicilia di 1,3 rispetto alla media nazionale.

In Italia la spesa per il “welfare” subisce forti sperequazioni territoriali: al Nord si investe, al Sud le briciole.

Ovviamente anche la spesa per il “welfare” subisce le stesse sperequazioni territoriali. I dati dell’ISTAT sono stati così distribuiti per spesa-capite: Mezzogiorno 78 euro; Isole 144 euro; Centro 165 euro; Nord-Ovest 162 euro; Nord-Est 207 euro. Sono numeri che testimoniano la grande differenza di risorse finanziarie investite per la sicurezza e il benessere dei cittadini.

Il Prodotto Interno Lordo (PIL) è stato nel Nord-Ovest di 44700 euro, quasi il doppio del Sud, 23900 euro e 8600 euro in più della media nazionale, pari a 36100 euro. In particolare: nel Nord-est 42.500 euro; nel Centro 38.600 euro; il valore più elevato è stato nella provincia autonoma di Bolzano con 59.800 euro; il minimo è in Calabria, 21.000 euro.

Le disuguaglianze sul territorio nazionale si vedono anche nel reddito familiare

A questa “caporetto” non poteva mancare il divario del reddito familiare, che come per tutti gli altri indicatori mostra le proprie disuguaglianze sul territorio. A livello nazionale la media è stata di 22400 euro per abitante, con le seguenti differenze: il Nord-ovest con 26300 euro e il Sud 17100. Pure un cittadino comune riesce a comprenderne le differenze! Con la politica redistributiva dello Stato, attuata attraverso la fiscalità, la spesa pubblica per il welfare e altri trasferimenti di risorse, il reddito medio disponibile è cresciuto nel 2023 del 7,8%, pari a +1734 euro per abitante. Nonostante ciò, l’importo è stato diverso tra le varie aree geografiche. Nel Sud l’aumento ha influito per il 17,5% sul totale del reddito disponibile; nel Nord-ovest per il 2,3%; nel Nord-est per il 4,7%; nel Centro per il 7,1%. Non poteva sfuggire alla mannaia delle differenze l’accesso ai servizi, soprattutto per bambini e anziani. Per gli asili nido, i posti disponibili per ogni 100 bambini sono stati: al Sud 17; al Centro 38,8; al Nord-est 37,5; al Nord-ovest 35.

L’elenco del calvario continua per quanto riguarda i servizi socio-assistenziali e socio-sanitari. I posti letto per ogni 10mila abitanti al Sud sono stati 37, mentre a livello nazionale la media è stata di 69,1. In particolare in Campania, di 20,2 la percentuale più bassa. Al contrario Trento ha raggiunto il livello più alto, di 151,1. Sono numeri che confermano come l’Italia sia a 2 velocità, con un Nord florido e un Sud che arranca. E il divario cresce sempre di più. D’altronde è dall’Unità d’Italia che esiste la “questione meridionale” che non è stata mai risolta, forse per precise scelte di politica economica, a vantaggio della parte più ricca del Paese! A quando un’inversione di tendenza?

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