Tra rischi ambientali, povertà crescente e fuga dei giovani, l’Italia non solo non decolla, ma perde terreno su tutti i fronti.
Lo scorso 21 maggio, presso Palazzo Montecitorio, è stato presentato il rapporto ISTAT 2025. Il documento ha esaminato i mutamenti economici, demografici e sociali che hanno visto protagonista (!) il Belpaese. Un vero e proprio “cahier de doléance”, in cui sono elencate tutte le criticità che attanagliano l’Italia. Ci si trova di fronte ad un intenso cambiamento sociale.
Dal punto di vista geologico e ambientale il nostro territorio mostra tutti i suoi acciacchi. Le disuguaglianze sociali sono in continua crescita, anche perché l’economia stenta a decollare. Inoltre la transizione ecologica e tecnologica per avverarsi ha bisogno di un forte patto tra le generazioni.

A destare molta preoccupazione è la fragilità del sistema produttivo in rapporto al cambiamento climatico. Il 35% dei comuni presenta almeno un rischio naturale, mentre 1/5 del valore aggiunto economico si determina in territori soggetti a forti rischi ambientali. Tra il 1980 e 2023 si sono verificati danni dovuti ad eventi estremi per 134 miliardi di euro. Cifre elevate che si abbattono sulle strutture produttive e territoriali delle aree interne e costiere, inasprendo le disparità tra i territori e frenando la transizione ecologica. Secondo l’ISTAT, l’ambiente rappresenta un punto critico. Se, rispetto al 2008, sono diminuite del 32% le emissioni nocive per il clima e del 40% per il consumo di materiale interno, la transizione energetica prosegue al ritmo di lumaca. Ad esempio, le fonti rinnovabili per quanto si siano triplicate raggiungendo i 130 TWh (terawattora, l’unità di misura dell’energia elettrica), sono ancora poche rispetto ai 380 TWh della Germania. La natura è stata generosa con l’Italia, fornendole un invidiabile posizione geografica e di tanto sole, mare e venti. Ma mancano investimenti strutturali e un piano locale di decarbonizzazione.
Il tessuto produttivo è molto disorganico e nelle piccole e medie imprese è assente l’innovazione tecnologica che frena la transizione energetica. Il rapporto evidenzia, poi, l’altro aspetto controverso della società italiana: l’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite. Aumentano i cittadini anziani nelle grandi città del centro-nord, mentre le aree interne e i piccoli comuni si svuotano. Le famiglie numerose sono rarissime, ma crescono quelle composte da una persona anziana e sola.

Inoltre, la cosiddetta “fuga dei cervelli”, nel 2024 più di 156mila sono emigrati verso altri lidi, più della metà laureati. Cifra che non viene compensata dagli stranieri, seppur in aumento. Dove si è manifestata una certa predisposizione alla crescita sono…le disuguaglianze sociali. Ci sono 2,2 milioni di famiglie in povertà assoluta, pari a 5,7 milioni di individui, di cui 1,3 milioni minori.
Per quanto riguarda il tasso di occupazione, l’Italia resta nelle retrovie in Europa. Inoltre, il lavoro è, spesso, precario o sottopagato, per cui si è poveri pur percependo un salario. Questo aspetto riversa tutte le sue negatività sulla salute, istruzione, mobilità sociale e qualità della vita. Cornuto e mazziato, ossia oltre il danno la beffa. Infatti per chi si trova in queste condizioni, la speranza di vita si riduce di 1,3 anni e quasi il 10% ha rinunciato a prestazioni sanitarie a causa della cassa troppo vuota o per le lunghissime liste d’attesa. Con la china che si è intrapresa, si fa prima a crepare, ahinoi, che a vedere risolte queste criticità!