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Piersanti Mattarella, sotto la lente un’impronta ritrovata nell’auto dei killer

La Procura di Palermo torna a indagare sull’uccisione del presidente della Regione Siciliana, avvenuta nel 1980. La polizia scientifica tenterà di estrarre il Dna.

Palermo – A 45 anni dall’assassinio di Piersanti Mattarella, la Procura di Palermo tenta una svolta decisiva nell’individuazione degli esecutori materiali, grazie all’uso di tecnologie d’indagine all’avanguardia. I magistrati hanno disposto un accertamento tecnico irripetibile su una vecchia impronta biologica rinvenuta sull’auto usata per la fuga dei killer.

L’avviso è stato notificato nei giorni scorsi ai due indagati: Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese, entrambi noti killer di mafia e già condannati per numerosi omicidi eccellenti.

L’analisi del Dna: il 12 giugno l’incarico ai periti

Il prossimo 12 giugno verrà conferito l’incarico ai periti per procedere alla comparazione biologica tra i profili degli indagati e le tracce trovate nel 1980 sullo sportello lato guidatore della Fiat 127 utilizzata per fuggire dopo l’agguato in via Libertà, a Palermo.

Si tratterebbe non di un’impronta nitida, ma di una strisciata potenzialmente utile per estrarre Dna grazie a metodologie oggi più sofisticate rispetto a quelle disponibili all’epoca.

Il ruolo di Madonia e Lucchese secondo la nuova ricostruzione

Secondo l’attuale inchiesta, coordinata dal procuratore Maurizio De Lucia, dall’aggiunto Marzia Sabella e dal sostituto Francesca Dessì, a sparare contro Mattarella sarebbe stato Antonino Madonia, figlio del boss Francesco di Resuttana, mentre al volante ci sarebbe stato Giuseppe Lucchese, allora appena ventiduenne.

Entrambi legati all’ala corleonese di Cosa Nostra, i due mafiosi sono accusati anche di altri omicidi eccellenti, tra cui quello del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro, del giudice Rocco Chinnici, del politico Pio La Torre e del poliziotto Antonino Agostino.

Condannati solo i mandanti: ora si cerca chi sparò

Per l’omicidio di Mattarella, presidente della Regione Siciliana e fratello dell’attuale Capo dello Stato, sono stati condannati solo i mandanti: tra questi Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco e Pippo Calò.

Non sono mai stati identificati i killer materiali. La riapertura dell’inchiesta nel 2018 ha rilanciato la pista mafiosa, dopo che per anni si era ipotizzato un coinvolgimento neofascista, poi escluso.

Un delitto politico: Mattarella voleva spezzare i legami con Cosa Nostra

La mattina del 6 gennaio 1980, Mattarella si stava recando a messa con la moglie Irma Chiazzese, la figlia Maria e la suocera Franca, quando fu raggiunto da diversi colpi di pistola. Aveva avviato una politica di legalità e trasparenza e intendeva smantellare la rete di interessi tra mafia, politica e imprenditoria in Sicilia.

Negli identikit forniti all’epoca, uno dei due killer fu descritto come “l’uomo dagli occhi di ghiaccio”, una descrizione che oggi potrebbe combaciare con Madonia.

Le nuove tecnologie riaprono il passato

Il campione raccolto sulla carrozzeria dell’auto all’epoca dell’agguato non era sufficiente per una comparazione. Oggi, grazie a strumenti di ultima generazione, è possibile cercare tracce biologiche minime, applicando in Italia una delle primissime analisi del genere in campo forense.

Una nuova speranza, dunque, per dare un volto ai killer e completare il mosaico di una delle pagine più buie della storia repubblicana.

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