Camorra e finti bilanci: sequestrati beni per oltre 1 milione a commercialista legato al clan Puca

Il professionista, già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, forniva supporto tecnico-contabile. Sigilli a sei immobili a Sant’Antimo.

Napoli – Nuovo duro colpo alle finanze della criminalità organizzata campana. I militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, su disposizione della Corte di Appello – Sezione Misure di Prevenzione, hanno eseguito un sequestro di beni per oltre un milione di euro nei confronti di un professionista 67enne di Sant’Antimo, già condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa.

L’uomo, commercialista, era considerato il regista contabile di una serie di operazioni economico-finanziarie messe in atto per conto del clan Puca, tra i gruppi camorristici più radicati nell’hinterland a nord di Napoli.

Bilanci falsi e società di comodo: il meccanismo

Secondo quanto ricostruito dalla Procura della Repubblica di Napoli, il professionista avrebbe fornito assistenza continuativa a società riconducibili alla cosca, truccando i bilanci, emettendo fatture false e realizzando trasferimenti fittizi di quote societarie. L’obiettivo era quello di mascherare le attività illecite del clan, conferendo loro una parvenza di legalità attraverso una contabilità artefatta.

Il video

Un sistema ben strutturato, che ha permesso per anni al sodalizio camorristico di infiltrarsi nel tessuto economico locale. Le indagini patrimoniali condotte dal G.I.C.O. della Guardia di Finanza hanno fatto emergere una forte sproporzione tra i redditi dichiarati dal professionista e quelli effettivamente spesi da lui e dalla sua famiglia, in alcuni casi pari a zero.

I beni sequestrati: sei immobili a Sant’Antimo

Il sequestro ha riguardato sei unità immobiliari situate nel comune di Sant’Antimo, tutte riconducibili al professionista e alla sua rete familiare. Il valore stimato complessivo supera il milione di euro. Gli immobili sono stati affidati a un amministratore giudiziario, in vista della confisca definitiva ai sensi del Codice Antimafia.

Determinante, ai fini dell’applicazione della misura di prevenzione, è stata anche la documentata vicinanza dell’uomo al clan Puca anche dopo la sua scarcerazione. Un elemento che ha rafforzato il giudizio di pericolosità sociale nei suoi confronti.

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