“Araziu u’ vittaru” di nuovo nei guai: sequestro da un milione al presunto boss dei Laudani [VIDEO]

Sigilli a immobili, ditte e conti correnti riconducibili a Orazio Scuto. L’uomo, già condannato per mafia, impartiva ordini dal carcere con i pizzini.

Catania – Un altro duro colpo ai patrimoni della mafia etnea. I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania, su delega della Procura Distrettuale della Repubblica, hanno eseguito un sequestro di prevenzione antimafia da oltre 1 milione di euro nei confronti di Orazio Salvatore Scuto, alias “Araziu u’ vittaru”, ritenuto esponente di spicco del clan Laudani, attivo soprattutto nella zona dell’acese.

Il provvedimento è stato emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Catania, sulla base di indagini patrimoniali svolte dal GICO (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) del Nucleo PEF (Polizia Economico-Finanziaria) delle Fiamme Gialle.

Il video dell’operazione

Oggetto del sequestro sono due ditte individuali (una nel settore della ristorazione, l’altra nel commercio ortofrutticolo, ad Acireale e Valverde), due immobili di pregio, un terreno, un’autovettura e tre conti correnti, ritenuti frutto o reimpiego di attività delittuose legate alla cosca mafiosa.

“Araziu u’ vittaru”, una vita tra carcere e clan

Scuto, da tutti conosciuto come “Araziu u’ vittaru”, è una figura storica del clan Laudani. Negli ultimi trent’anni è stato più volte arrestato e condannato per reati di associazione mafiosa, estorsione, usura, turbativa d’asta, favoreggiamento e detenzione di armi. Già detenuto, nel 2020 risultò capace di comandare dal carcere di Caltanissetta, comunicando con l’esterno tramite pizzini nascosti in confezioni di succhi di frutta o barrette di cioccolato durante i colloqui con i familiari.

L’operazione di oggi rappresenta il completamento di quella inchiesta, denominata “Report”, che nel 2020 portò all’arresto di 18 persone affiliate al clan Laudani.

Ricchezza sproporzionata e provenienza illecita

Secondo la Guardia di Finanza, le verifiche economico-finanziarie hanno evidenziato una netta sproporzione tra il tenore di vita di Scuto e i redditi leciti dichiarati. La conclusione è stata che i beni sequestrati sono il frutto di attività illecite, accumulate grazie al ruolo di vertice ricoperto nell’organizzazione mafiosa.

Il Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011) ha permesso quindi di procedere al sequestro anche in assenza di una condanna definitiva su questi specifici beni, sulla base del principio di pericolosità sociale qualificata.

Colpire la mafia nel portafogli

L’intervento si inserisce nella più ampia strategia della Procura di Catania per contrastare l’infiltrazione mafiosa nell’economia legale, impedendo alle organizzazioni criminali di inquinare il tessuto imprenditoriale e sociale con il reinvestimento di capitali illeciti. “Solo colpendo la mafia anche sul fronte patrimoniale – spiegano fonti investigative – si può veramente minare il suo potere di controllo del territorio”.

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