Blitz all’alba dei Carabinieri in tre regioni: smantellata banda sarda specializzata in assalti armati. Armi da guerra e mezzi rubati per bloccare i blindati.
Livorno – Oltre 300 Carabinieri, impiegati tra Toscana, Emilia Romagna e Sardegna, hanno eseguito all’alba undici arresti su ordine della Procura di Livorno nell’ambito dell’operazione “Drago”, culminata nella cattura dei presunti responsabili della violenta rapina a due furgoni portavalori avvenuta il 28 marzo scorso sulla SS1 Aurelia, nel comune di San Vincenzo. Un colpo spettacolare, in pieno giorno, messo in atto da un commando armato e travisato che, dopo aver bloccato il traffico con veicoli rubati, ha fatto irruzione con armi da guerra ed esplosivi, riuscendo a impossessarsi di circa 3 milioni di euro. In manette sono finite 11 persone tra i 33 e i 54 anni, tutti di origini sarde. Gli arresti sono avvenuti nelle province di Nuoro, Pisa e Bologna.

L’operazione “Drago”
L’indagine, condotta dal Nucleo Investigativo di Livorno e coordinata dalla Procura della Repubblica labronica, ha richiesto l’intervento di reparti speciali: ROS, GIS, 1° Reggimento Paracadutisti “Tuscania”, Squadroni Cacciatori Sardegna e Sicilia, SOS Toscana e Sardegna, Nuclei Elicotteri di Pisa ed Elmas e il Nucleo Cinofili di Firenze.
Gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Nuoro, Pisa e Bologna. Gli indagati – italiani tra i 33 e i 54 anni, molti dei quali allevatori o coltivatori nel nuorese – sono accusati di rapina pluriaggravata, detenzione di armi da guerra, esplosivi, furto aggravato e ricettazione.
Il colpo: mezzi rubati, armi da guerra, alibi fittizi
Il 28 marzo scorso, due furgoni portavalori sono stati assaltati a San Vincenzo da un gruppo di uomini armati. I rapinatori hanno usato due SUV Volvo rubati (uno dei quali rapinato nell’immediatezza), bloccato il traffico, sottratto le armi delle guardie giurate e sono fuggiti con il bottino. I veicoli, incendiati per cancellare le tracce, sono stati rinvenuti pochi giorni dopo in aree impervie della provincia di Pisa.
Le indagini, fondate su intercettazioni, analisi di videosorveglianza e accertamenti scientifici, hanno ricostruito in dettaglio i movimenti del gruppo criminale tra Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Umbria e Sardegna. Il gruppo avrebbe operato con metodi militari, utilizzando telefoni usa-e-getta, veicoli predisposti con mesi di anticipo, e alibi costruiti ad arte, come la partecipazione a una fiera in Umbria o l’acquisto di macchinari agricoli in Emilia.
“L’indagine è scattata immediatamente dopo il colpo – spiega a ilgiornalepopolare.it il colonnello Rocco Taurasi, comandante del reparto operativo dei Carabinieri di Livorno – partendo da un capillare controllo del territorio in prossimità del teatro dell’assalto. E’ in questo modo, dopo un serrato porta a porta, che la notte stessa siamo giunti in una sorta di magazzino occupato da due persone di origine sarda che non hanno saputo spiegare la loro presenza nel luogo. Sul posto abbiamo sequestrato un appunto con alcuni numeri di telefono. Successivi controlli ci hanno permesso di appurare che anche il proprietario dell’immobile era un sardo. Era già una traccia su cui lavorare. La mattina successiva, in prossimità della costruzione i miei uomini hanno trovato i resti di un falò ancora caldo e un’ ulteriore traccia”.
Le prove: telefoni bruciati, tracciamenti, riscontri scientifici
Durante le perquisizioni è stato rinvenuto un burner phone parzialmente distrutto, ancora tra le ceneri calde del falò. Il telefono, privo di collegamento internet, è risultato dello stesso modello di quelli usati per coordinare la rapina. Analisi effettuate dal RIS di Roma e Cagliari hanno permesso anche di eseguire test STUB sui due indagati e ottenere riscontri balistici e genetici.
Le accuse: struttura criminale organizzata e fortemente armata
Secondo la Procura, gli arrestati sono in grado di compiere altri gravi reati, hanno accesso a una varietà di armi da guerra, e dimostrano elevata determinazione e capacità organizzativa. Le esigenze cautelari sono legate al rischio concreto di recidiva e alla pericolosità del gruppo.
Il rapinatore più anziano, da tempo stabilito nell’entroterra pisano, avrebbe fornito logistica e alloggio al commando, nascondendo le auto e cercando di distruggere le prove. Un altro membro avrebbe svolto il ruolo di palo, attendendo per ore il momento esatto per dare il via all’assalto.
Un’operazione esemplare
L’operazione “Drago” si configura come una delle più complesse e articolate condotte in Toscana negli ultimi anni: un colpo preparato nei minimi dettagli, ma anche una risposta investigativa rapida, coordinata e ad alta intensità. Le indagini proseguono per verificare eventuali collegamenti con altre rapine sul territorio nazionale. “E’ stata un’indagine lampo – spiega ancora il colonnello Taurasi -, resa solo apparentemente semplice dalla competenza di tutte le forze in campo. Abbiamo assicurato alla giustizia una banda composta da elementi pericolosi, dotati di armi da guerra ed esplosivo, in grado di colpire ancora”.
Il Comandante Generale dell’Arma, Generale C.A. Salvatore Luongo, ha definito l’operazione “un duro colpo alla criminalità organizzata” e ha espresso ammirazione per “l’eccezionale lavoro svolto dal Comando Provinciale di Livorno e dalle unità speciali coinvolte”. “L’arresto dei responsabili del brutale assalto – ha aggiunto – ribadisce con forza l’impegno incessante dei Carabinieri nella lotta contro ogni forma di criminalità, anche la più efferata”.