primario Emanuele Michieletti

Si allarga l’inchiesta sull’harem del primario: le chat svelano il “sistema Michieletti”

Alcuni colleghi sarebbero stati a conoscenza delle violenze sessuali e degli abusi: la Procura di Piacenza valuta nuove iscrizioni nel registro degli indagati per favoreggiamento.

Piacenza – Potrebbe presto allargarsi l’inchiesta-scandalo che ha portato all’arresto di Emanuele Michieletti, primario di radiologia dell’Ospedale di Piacenza, accusato di violenza sessuale e stalking nei confronti di alcune colleghe. Secondo quanto riportato dal quotidiano Libertà, gli investigatori della Squadra Mobile, coordinati dalla Procura della Repubblica di Piacenza, stanno valutando anche l’ipotesi di favoreggiamento.

Punite con ferie saltate e cambi di turno

Secondo quanto emerso finora, Michieletti avrebbe molestato decine di colleghe tra dottoresse e infermiere. Teatro degli abusi il suo ufficio, nel quale si recavano per discutere aspetti legati al lavoro, alle ferie e ai permessi. Le colleghe che rifiutavano le avances del primario venivano “punite” con cambi di turno e ferie negate o rinviate. 

I casi finora accertati sarebbero 32, compiuti su una decina di vittime in 45 giorni di intercettazioni, scattate all’indomani della denuncia di una giovane dottoressa, che si è rivolta alla direzione generale dell’ospedale e alla Questura. Convocata nella stanza del primario per discutere dei turni, ha detto, era stata molestata; a salvarla il tempestivo arrivo di un collega. Un’infermiera, che all’inizio aveva denunciato anche lei l’accaduto, ha invece poi ritirato tutto. Un chiaro segno del clima di intimidazione, ricatto e paura che, secondo il quadro fornito dagli inquirenti, avrebbe avvolto il reparto dell’ospedale piacentino.

Emanuele Michieletti primario
Emanuele Michieletti, al centro delle indagini

Le vittime potrebbero essere molte di più di quelle emerse dalle intercettazioni. Secondo quanto raccolto finora dagli inquirenti, il primo caso risalebbe addirittura al 2010. Michieletti «si sentiva intoccabile, si atteggiava a padre-padrone ed era sempre circondato da alcune fedelissime, quasi avesse un suo harem», ha raccontato alla Libertà un’infermiera del reparto. «Che nella sua stanza avvenissero degli incontri sessuali era più che un sospetto — continua l’operatrice sanitaria —, ma se per alcune colleghe le attenzioni sessuali sembravano non sortire imbarazzi, per altre erano molestie. Anche a me è accaduto di ricevere delle avance e l’ho respinto».

Dalle chat emerge il “sistema Michieletti”

Dalle chat sequestrate durante le indagini emergerebbero però elementi se possibile ancora più inquietanti: alcuni operatori sanitari della struttura ospedaliera sarebbero stati a conoscenza del comportamento del primario, e in alcuni casi avrebbero addirittura fornito consigli su come “gestire” le donne alle sue dipendenze, con toni – per usare un eufemismo – tra il confidenziale e il goliardico. Il loro contenuto è stato in parte pubblicato dal Corriere della Sera, secondo il quale i messaggi raccontano un “sistema” in cui il primario era un “padrone” che disponeva a piacemento del personale dell’ospedale fino ad arrivare, nel caso delle donne,  all’abuso fisico e sessuale. «Tutti noi abbiamo dato per scontati atteggiamenti che solo a Piacenza sono la normalità, si legge in uno dei messaggi riportati dal quotidiano milanese – . Gli abusi sono stati all’ordine del giorno. Dalle ripicche sui gruppi di lavoro e sui turni, alle mani sotto i vestiti». 

«Le risorse umane nel “sistema Michieletti” sono beni privati di cui disporre — si legge in un altro messaggio sempre riportato dal Corriere —, se sono donne l’abuso può essere anche fisico… C’è chi semplicemente se ne va prima o poi e se ne frega, ma chi rimane dovrebbe mettere mano finalmente a tutti i mali di questo sistema che al contrario degli stupri conosciamo bene, per avere quantomeno un po’ di amor proprio».

Nuovi nomi nel registro degli indagati

Nel nosocomio piacentino, dunque, tutti sapevano ma nessuno parlava. Un clima di terrore e silenzio durato 15 anni, reso possibile dalla cortina di omertà e connivenza che avrebbe coinvolto diversi colleghi del primario. I quali secondo gli inquirenti sarebbero stati al corrente di ciò che accadeva e non avrebbero fatto nulla per impedirlo, né tantomeno avrebbero denunciato.

Per questo, la Procura starebbe valutando l’iscrizione di nuovi nomi nel registro degli indagati, ipotizzando appunto il reato di favoreggiamento. L’inchiesta sta quindi assumendo contorni più ampi, puntando a chiarire anche il contesto ambientale e culturale all’interno del reparto, e quanto questo possa aver contribuito a tacere o coprire comportamenti inaccettabili.

Intanto, Michieletti – che durante l’interrogatorio di garanzia ha preferito non rispondere – rimane in carcere in attesa di ulteriori sviluppi giudiziari. Gli inquirenti continuano a raccogliere testimonianze e materiali utili per fare piena luce sul caso.

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