Quando la bimba ha chiamato il 118, il padre le ha strappato il telefono dalle mani e insultato l’operatrice.
Milano – Un “delitto particolarmente efferato”, compiuto alla presenza della figlia minore di soli 10 anni. Con queste motivazioni il pubblico ministero Antonio Pansa, titolare delle indagini condotte dai carabinieri sul femminicidio avvenuto la sera del 3 maggio a Settala, nel Milanese, ha chiesto la convalida dell’arresto e la custodia cautelare in carcere per Khalid, accusato di aver accoltellato a morte la moglie Amina. Il cinquantenne è in stato di fermo.
Dagli atti dell’indagine emergono particolari agghiaccianti. Alle 22 di sabato sera un vicino ha sentito la bambina gridare “Papà, no!”, nel tentativo disperato di fermare la furia del 50enne ubriaco che si era abbattuta sulla moglie, martoriata da una dozzina di coltellate. Sempre secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, soltanto un’ora dopo la piccola è riuscita a chiamare il 118. Ma “è stata interrotta dal padre” che si è impossessato del telefono e, “insultando pesantemente” l’operatrice, ha chiuso la comunicazione.
Un quadro inquietante a Settala: sottomissione, maltrattamenti e una denuncia inascoltata
Secondo l’accusa, Amina viveva in uno stato di soggezione e paura, frutto di anni di violenza e sopraffazione. L’uomo, di nazionalità marocchina, è accusato di omicidio aggravato dalla relazione con la vittima, dallo stato di ubriachezza al momento del delitto e dalla presenza della figlia minore in casa.
Emergono dettagli anche su una denuncia per maltrattamenti presentata dalla donna nel 2022, che aveva fatto scattare l’attivazione del codice rosso. Tuttavia, nonostante l’indagine fosse in fase avanzata e prossima alla richiesta di rinvio a giudizio, non era stata disposta alcuna misura cautelare: mancavano segnalazioni successive e Amina, pur attivata dai servizi sociali, aveva rifiutato per due volte di trasferirsi in una casa protetta.
Femminicidio di Settala: in attesa dell’interrogatorio di garanzia
Al momento non è stato ancora fissato l’interrogatorio di garanzia, ma la Procura ritiene sussistano concrete esigenze cautelari: il pericolo di reiterazione del reato, la gravità del fatto, e la condotta dell’indagato, che non avrebbe mostrato segni di pentimento.
Intanto, la comunità di Settala sta valutando l’organizzazione di una fiaccolata in memoria di Amina, mentre i servizi sociali si stanno occupando della bambina, ora affidata a una struttura protetta.
Un altro nome in una lista tragica
Il caso di Amina si aggiunge a una lunga scia di femminicidi che continua a insanguinare il Paese. Solo nel 2024, secondo i dati del Viminale aggiornati a fine aprile, sono già oltre 40 le donne uccise in contesti familiari o affettivi.
Un’emergenza nazionale che chiama in causa la prevenzione, la protezione e l’effettiva applicazione delle misure cautelari previste dalla legge, soprattutto nei casi già noti agli inquirenti.