“18 anni e 8 mesi me li faccio seduto sul cesso”: provocazioni dal profilo social del killer di Santo Romano

Dopo la condanna del 17enne reo confesso, gli inquirenti sospettano che la criminalità organizzata stia cercando di esasperare il conflitto.

Napoli – Dopo la condanna del 17enne ritenuto responsabile dell’omicidio di Santo Romano, le attenzioni si concentrano ora su un profilo social a lui riconducibile. Le autorità stanno cercando di accertare chi gestisce effettivamente l’account: chi pubblica contenuti, chi scrive i messaggi e, soprattutto, chi potrebbe avere l’interesse a fomentare tensioni tra famiglie e ambienti sociali già provati da un clima di forte contrapposizione.

Il caso è esploso all’indomani della sentenza di primo grado, pronunciata dal giudice minorile Umberto Lucarelli, che ha condannato il giovane a 18 anni e 8 mesi di reclusione. Poco dopo, sul profilo social è apparso un post provocatorio con la scritta: “18 anni e 8 mesi me li faccio seduto sul cesso”, accompagnato da una foto del ragazzo. La pubblicazione è stata segnalata dal parlamentare Francesco Emilio Borrelli, informato dai familiari della vittima. “Chi gestisce quella pagina dimostra totale mancanza di rispetto verso i parenti di Santo e verso la giustizia. È un gesto oltraggioso che alimenta la sensazione di impunità”, ha dichiarato il deputato.

La vicenda potrebbe finire ora al vaglio non solo della Procura minorile che ha condotto il processo, ma anche della Procura di Napoli, guidata da Nicola Gratteri, per indagare su una possibile regia esterna, magari legata ad ambienti criminali. Il sospetto è che dietro il post non ci siano solo amici o familiari del condannato, ma figure che mirano a esasperare i conflitti, approfittando di un contesto già profondamente segnato dal dolore.

Durante le indagini, sono emersi legami tra il giovane condannato e elementi della criminalità organizzata nella zona di Barra. Il possesso dell’arma usata nell’omicidio aveva già sollevato sospetti su contatti con ambienti malavitosi. Il giovane si era nascosto in un appartamento dello stesso quartiere, utilizzato anche per attività di spaccio, dopo aver sparato a Santo Romano in piazza Capasso, a San Sebastiano al Vesuvio.

Sebbene i genitori del ragazzo abbiano collaborato con gli inquirenti, mostrando costernazione per quanto accaduto, è emerso che altri soggetti lo abbiano aiutato a eludere la cattura, fornendogli rifugio e supporto. Le tensioni, esplose già fuori dal Tribunale dei Minori dopo la sentenza – giudicata troppo indulgente da molti – si sono riflesse anche nei toni accesi che hanno invaso i social e le cronache locali.

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