A raccontarlo monsignor Benoni Ambarus, responsabile della carità e della pastorale carceraria a Roma, che svela la decisione del Santo Padre.
Roma – A tutti è nota la vicinanza di Papa Francesco, sin dall’inizio del suo Pontificato, al mondo delle carceri. Una missione diventata anche eredità. Tanto che il Santo Padre ha scelto di donare 200 mila euro dal suo conto personale ai detenuti. Lo afferma in una intervista a La Repubblica monsignor Benoni Ambarus, responsabile della carità e della pastorale carceraria a Roma. “Ha inviato 200 mila euro di tasca sua”, racconta monsignor Ambarus che ricorda il rapporto tra il Papa e la popolazione carceraria. Nonostante l’enorme impegno di Francesco per i detenuti, “le istituzioni non hanno fatto nulla per dare anche solo un piccolo segnale”, dice. “Il mio bilancio non è positivo”.
Giovedì Santo, ad un passo dalla morte, lo ha passato con i reclusi a Regina Coeli. “I carcerati in lui vedevano la speranza. Per loro è morto un padre, è il senso della lettera che mi hanno affidato”, sottolinea Ambarus che fa notare come il rapporto tra il Pontefice e i detenuti sia stato speciale. “Quando ne parlavamo lo vedevo affranto, soffriva pensando alle condizioni delle carceri. Ha mostrato sempre una grande attenzione, ma i suoi appelli sono finiti nel vuoto”. “A me piace fare tutti gli anni quello che ha fatto Gesù il Giovedì Santo, la lavanda dei piedi, in carcere”, aveva detto Bergoglio aggiungendo: “Quest’anno non posso farlo, ma posso e voglio essere vicino a voi. Prego per voi e per le vostre famiglie”. “Ogni volta che io entro in un posto come questo, mi domando: perché loro e non io?” aveva aggiunto il Santo Padre ai giornalisti, che l’hanno atteso al cancello d’ingresso.

Anche la scelta di aprire la Porta Santa a Rebibbia, il 26 dicembre scorso, è l’emblema di questo rapporto speciale. “La Prima Porta Santa l’ho aperta in San Pietro, ma ho voluto la seconda Porta Santa in un carcere. Ho voluto che tutti noi avessimo la possibilità di spalancare le porte del cuore per capire che la speranza non delude, non delude mai”, aveva detto Papa Francesco poco prima dell’apertura della Porta Santa nel carcere di Rebibbia a Roma. Era la prima volta nella storia del Giubileo che una Porta Santa veniva aperta in un penitenziario. Un unicum nella tradizione della cristianità che, non a caso, arrivava nel giorno di Santo Stefano, primo martire della Chiesa cattolica. Un segno di speranza per tutte le carceri del mondo che fa di Rebibbia un’icona universale della vicinanza della Chiesa ai detenuti.
“La grazia di un Giubileo è spalancare, aprire. Soprattutto i cuori alla speranza”, aveva detto Papa Francesco che rivolgendosi ai detenuti, ha detto: “Non perdete mai la speranza: è questo il messaggio che voglio darvi, dare a tutti noi, io il primo” perché “la speranza mai delude”.