Dopo la morte di Papa Francesco i cardinali si riuniranno in Conclave per eleggere il nuovo Pontefice. Tra i nomi anche gli italiani Parolin e Zuppi.
Roma – Con la morte del Santo Padre, il Collegio dei Cardinali si prepara ora ad avviare le procedure per l’elezione del suo successore. Come previsto dalle norme canoniche, i cardinali avranno tra i 15 e i 20 giorni per organizzare il Conclave, che si svolgerà, come da tradizione, nella Cappella Sistina. Attualmente, il Collegio Cardinalizio conta 252 membri, di cui 138 con meno di 80 anni: sono loro gli elettori che avranno il compito di scegliere il nuovo Vescovo di Roma. Di particolare rilievo è il fatto che circa l’80% di questi cardinali sia stato nominato proprio da Papa Francesco, dettaglio che potrebbe influenzare fortemente l’orientamento del prossimo pontificato.
La Santa Sede ha ufficializzato che “a seguito della comunicazione dell’avvenuto decesso del Romano Pontefice Francesco, secondo quanto previsto nell’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis (nn. 21-40), questa sera, lunedì 21 aprile alle ore 20, Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Kevin Joseph Farrell, Camerlengo di Santa Romana Chiesa, presiederà il rito della constatazione della morte e della deposizione della salma nella bara. Sono pertanto pregati di prendere parte al rito l’Eminentissimo Decano del Collegio Cardinalizio, i familiari del Romano Pontefice, il Direttore e il Vice Direttore della Direzione di Sanità e Igiene dello Stato della Città del Vaticano, che si troveranno per le ore 19.45 nella Cappella della Domus Sanctæ Marthæ. Gli Ecclesiastici indosseranno l’abito corale loro proprio”.

Tra le novità introdotte nel 2024 c’è la constatazione della morte non più nella camera del defunto ma nella cappella, la deposizione immediata dentro la bara, l’esposizione alla venerazione dei fedeli del corpo del Papa già dentro la bara aperta, l’eliminazione delle tradizionali tre bare di cipresso, piombo e rovere. Mantenute le tre “stazioni” classiche, quella nella casa del defunto, quella nella Basilica Vaticana e al luogo della sepoltura. La prima stazione “nella casa del defunto” prevede le novità della constatazione della morte nella sua cappella privata, anziché nella camera, e la deposizione della salma nell’unica bara di legno e in quella interna di zinco, prima di essere traslato in Basilica (è stata eliminata la prima traslazione nel Palazzo Apostolico).
La seconda stazione “nella Basilica Vaticana” considera un’unica traslazione in San Pietro, la chiusura della bara e la Messa esequiale. Nella Basilica Vaticana il corpo del Papa defunto è esposto direttamente nella bara e “non più su un alto cataletto”. Infine, la terza stazione “nel luogo della sepoltura” include la traslazione del feretro al sepolcro e la tumulazione. “Questa stazione – come detto da Ravelli – ha subito un significativo snellimento a causa dell’eliminazione della deposizione e chiusura della bara di cipresso in una seconda di piombo e in una terza di rovere o di altro legno”. Un quarto e ultimo capitolo del libro liturgico è dedicato alle disposizioni per i novendiali, le Messe in suffragio del Papa defunto celebrate per nove giorni consecutivi a partire dalla Messa esequiale.

Il Pontefice, nel 2023, in una intervista con la giornalista messicana Valentina Alazraki di N+, aveva rivelato: “Ho già scelto il luogo della mia tomba nella Basilica di Santa Maria Maggiore”. Grande l’affetto di Bergoglio per la Salus Populi Romani, che nel corso del suo pontificato ha visitato oltre 100 volte (la prima appena eletto, il 14 marzo 2013). Intanto è iniziato il toto nomi di chi prenderà il posto di Papa Francesco. Ma chi sono i ‘papabili’? Tra i primi nomi che circolano con maggiore insistenza ci sono il Cardinale Pietro Parolin, 70 anni, italiano. Attuale Segretario di Stato della Santa Sede, Parolin è il volto più istituzionale e “governativo” della Chiesa cattolica. Con una lunga carriera nella diplomazia vaticana, ha servito come nunzio apostolico in Venezuela e ha gestito con equilibrio alcune delle crisi internazionali più delicate degli ultimi anni.
Raffinato conoscitore del diritto canonico, Parolin unisce una solida preparazione teologica a uno stile prudente e moderato. È considerato un uomo di continuità, capace di dialogare sia con le ali più progressiste sia con quelle più tradizionaliste della Curia romana. Il suo profilo lo rende un candidato forte per un pontificato che punti alla stabilità e alla mediazione globale. Il secondo nome nella rosa dei papabili il Cardinale Matteo Zuppi, 69 anni, è arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Zuppi è uno dei nomi più amati e rispettati nel panorama ecclesiastico europeo. Ex membro della Comunità di Sant’Egidio, è noto per il suo impegno nelle missioni di pace (in particolare nei Balcani e in Africa) e per una sensibilità profonda verso le marginalità sociali. Ha fatto della lotta alla povertà, al razzismo e all’esclusione sociale i pilastri del suo ministero pastorale. Il suo stile diretto, empatico e il linguaggio accessibile lo rendono vicino alla “Chiesa in uscita” voluta da Francesco. Zuppi potrebbe rappresentare una prosecuzione fedele del pontificato di Bergoglio, ma con una forte impronta italiana.

Poi il nome del Cardinale Luis Antonio Tagle, 67 anni, di origini filippine. Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, Tagle è una figura di spicco del cattolicesimo asiatico. Carismatico, comunicativo e profondamente spirituale, è noto per i suoi interventi toccanti e la sua attenzione agli ultimi. Ex arcivescovo di Manila, ha lavorato intensamente nel campo della pastorale giovanile e della catechesi, incarnando un modello di Chiesa vicina alla gente. Molti lo considerano il “figlio spirituale” di Papa Francesco per la comunanza di visione e approccio. La sua elezione segnerebbe una svolta storica: il primo Papa filippino, simbolo di una Chiesa globale che guarda sempre più all’Oriente e al Sud del mondo.
Nella ‘rosa’ anche Peter Turkson, 76 anni, del Ghana. Uno dei primi cardinali africani ad assumere ruoli di vertice nella Curia romana, Turkson ha guidato il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, occupandosi di temi cruciali come migrazioni, ambiente, diritti umani e giustizia economica. È un pensatore lucido, con solide radici nella dottrina sociale della Chiesa e una visione fortemente orientata alla solidarietà globale. Turkson è anche uno dei principali sostenitori dell’enciclica Laudato si’ e ha rappresentato la Santa Sede in molti forum internazionali. Un suo pontificato rappresenterebbe non solo una “prima volta” per l’Africa moderna, ma anche una spinta verso un’agenda ecumenica e sociale ancora più marcata.

E ancora, c’è il nome del Cardinale Wilton Gregory, 77 anni, originario degli Stati Uniti. Arcivescovo di Washington e primo cardinale afroamericano nella storia della Chiesa, Gregory è una figura simbolica e pastorale di grande rilievo negli Stati Uniti. Da sempre impegnato nel dialogo interrazziale e nella lotta per i diritti civili, è stato un punto di riferimento durante momenti socialmente complessi, come le proteste per l’equità razziale negli USA. Il suo stile è sobrio ma deciso, con una profonda attenzione ai giovani, alle comunità emarginate e alla trasparenza nelle istituzioni ecclesiali. La sua elezione rappresenterebbe una forte dichiarazione di attenzione verso il continente americano e verso la Chiesa statunitense, spesso in bilico tra dinamiche conservatrici e tensioni culturali.
Segue il prefetto del dicastero per la cultura e l’evangelizzazione José Tolentino de Mendoça, il cui pensiero teologico basato sulla libertà ha aperto un dialogo anche con i mondi cristiani non cattolici e con quelli non cristiani. La aree non progressiste potrebbero, però, orientarsi verso il congolese Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo metropolita di Kinshasa (capitale del Congo), o verso l’arcivescovo di Marsiglia l’algerino Jean-Marc Noël Aveline. Due altri possibili outsider potrebbero essere il patriarca di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, che in Medio Oriente si è distinto per il suo equilibrio, e il lussemburghese Jean-Claude Hollerich per la sua apertura ai temi sociali.