L’ipotesi dell’incontro a Roma dopo il colloquio a Washington della premier Giorgia Meloni con il presidente statunitense Donald Trump.
Roma – “Il vertice Ue-Usa a Roma? Potrebbe tenersi a maggio, anche prima” del summit della Nato previsto a l’Aja dal 24 al 26 giugno. E non sarà invitata solo la presidente della commissione europea, Ursula von der Leyen, “dovrebbe essere allargato anche agli altri leader degli Stati Ue”, dalla Francia alla Spagna, perché l’obiettivo di fondo è “evitare la frattura dell’Occidente”. Così Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, in un’intervista a Repubblica. “A maggio? Sì, anche prima di giugno, per ora c’è stata un’apertura politica, poi vediamo cosa succede”, spiega Fazzolari. Nel ‘day after’ del bilaterale alla Casa Bianca tra Giorgia Meloni e Donald Trump a poche ore dal suo rientro da Washington, la premier si è divisa tra l’incontro con il vicepresidente J.D. Vance e una chiamata di confronto con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.
Le questioni affrontate nel faccia a faccia con il presidente Trump, dai dazi all’Ucraina, restano al centro delle priorità della presidente del Consiglio e vengono condivise nel colloquio telefonico con la leader europea. Telefonata definita “buona” dalla portavoce di von der Leyen, che ha sempre visto di buon occhio il tentativo di Meloni di avvicinare Europa e Stati Uniti. Fazzolari ora anticipa le mosse. “Meloni ha già detto come la pensa dividere l’Occidente in questa fase non conviene a nessuno. Dunque a chi auspica una frattura tra Europa e Stati Uniti, rispondiamo che noi lavoriamo perché questa frattura non ci sia”, sottolinea il sottosegretario, secondo cui il bilaterale alla Casa bianca della premier Giorgia Meloni “è andato davvero molto bene”.

Pur ribadendo che la trattativa in tema commerciale resta in capo a Bruxelles. Prospettiva condivisa dalla stessa Meloni, che intanto intensifica una relazione con gli Usa che lei stessa definisce “privilegiata” in occasione della visita di oltre due ore di Vance a Chigi. Proprio mentre dalla White House arriva la dichiarazione congiunta di Stati Uniti e Italia dopo l’incontro di giovedì, su cui fioccano commenti e apprezzamenti da entrambe le parti. Meloni parla di “incontro fantastico” con il presidente americano. Aggettivo che torna più volte anche sui social di Trump: “Meloni è stata fantastica ieri, ama il suo Paese e l’impressione che ha lasciato su tutti è stata fantastica”. Post a cui Meloni risponde con i ringraziamenti, e aggiunge: “Continueremo a lavorare insieme per rafforzare il legame tra i nostri popoli e affrontare con determinazione le sfide globali”.
Sugli sforzi di Meloni per avvicinare Ue e Usa, nella dichiarazione si legge che Trump ha sì accettato l’invito di Meloni “a recarsi in visita ufficiale in Italia”, ma precisa che “si sta valutando la possibilità di organizzare, in tale occasione, un incontro tra Stati Uniti ed Europa”. Nessuna notizia in più per ora su un vertice Usa-Ue in Italia a cui la premier starebbe lavorando. Solo nelle parole di Fazzolari si intravede una data a maggio. Carlo Cottarelli, ex commissario alla Spending review, in un intervento sul Corriere della Sera, commenta il viaggio di Giorgia Meloni a Washington: “non ha portato, come previsto, a risultati immediati, ma è stato utile – dice – nel riavvicinare le due sponde dell’Atlantico. Non ci sono stati scontri plateali e Trump si è detto fiducioso (“al 100%”) su un accordo (con l’Europa, e non con singoli Paesi del Vecchio Continente)”.

Insomma, “è andato tutto liscio, il che di questi tempi può essere considerato un successo. Lo stesso vale per la visita di Vance a Roma. Grande cordialità e sorrisi. Ma a parte le dichiarazioni della presidenza americana in questa occasione, – prosegue – ci sono motivi oggettivi per pensare che Stati Uniti e Unione Europea alla fine troveranno un accordo”. Fra gli argomenti della sua tesi Cottarelli indica il fatto che “il vero problema geopolitico per gli Stati Uniti è costituito dalla Cina”. E ancora, secondo Cottarelli, “i passi indietro compiuti da Trump dopo il 2 aprile suggeriscono che anche lui si sia reso conto che combattere una guerra dei dazi con tutto il resto del mondo non è possibile neppure per gli Stati Uniti” e “gli Stati Uniti possono ragionevolmente chiedere all’Unione in termini di commercio estero non è lontano da quello che l’Unione può concedere”.