Ricercato per terrorismo dalla Tunisia, secondo la Procura di Catanzaro l’indagato era il cervello di una struttura criminale impegnata anche nel traffico di migranti.
Catanzaro – Fermato a Cosenza su richiesta della Procura di Catanzaro un tunisino ritenuto il cervello di una struttura criminale legata all’ISIS. L’uomo, che si professa seguace dell’ideologia Salafita-Takfira, è ricercato in Tunisia per attività terroristiche e, secondo gli inquirenti, era determinato a compiere un atto terroristico in Italia nel prossimo futuro.
Le indagini hanno delineato l’esistenza di un’organizzazione dedita a proselitismo, indottrinamento e addestramento militare, con l’obiettivo di sovvertire gli ordinamenti statuali, in particolare in Paesi a maggioranza musulmana, per instaurare strutture teocratiche basate su leggi di derivazione divina.
L’attività investigativa, descritta come “complessa” dalla Questura di Catanzaro, si è avvalsa di intercettazioni telefoniche, ambientali e tecniche, che hanno permesso di raccogliere gravi indizi contro l’indagato. Tra le prove acquisite i file inneggianti alla Jihad e al martirio; i filmati di attentati e scene di guerra rivendicati dall’ISIS; documenti sulla preparazione di armi ed esplosivi e informazioni su come raggiungere luoghi di combattimento e trasmettere messaggi criptati in rete.
Questi elementi hanno confermato agli investigatori il ruolo attivo dell’indagato nella promozione di ideali radicali e nell’avversione verso la popolazione ebraica, un tema ricorrente nella propaganda jihadista. Le indagini hanno inoltre evidenziato il coinvolgimento dell’organizzazione in attività di immigrazione clandestina dalla Tunisia all’Italia, un aspetto che amplia la portata del sodalizio criminale.
Da quanto emerso, l’organizzazione non solo organizzava il trasferimento fisico di migranti, ma forniva anche documenti falsi per consentire la loro permanenza illegale in Italia. Un caso specifico riguarda il tentativo, non concretizzato, di far entrare un “fratello” ricercato dalle autorità tunisine, evidenziando la connessione tra terrorismo e reti di traffico umano.
Le indagini hanno rivelato che l’uomo era coinvolto in attività di proselitismo e indottrinamento, promuovendo una visione positiva del martirio e addestrando potenziali terroristi. La sua capacità di operare nonostante fosse ricercato in Tunisia sottolinea la sfida rappresentata da individui che si spostano attraverso confini internazionali, sfruttando le reti migratorie.