Torna in aula la sparatoria del 1975 in cui morì l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso. Alla sbarra Curcio, Moretti e Azzolini, quest’ultimo considerato dall’accusa il killer del militare.
Alessandria – Cinquant’anni dopo tornano alla sbarra gli Anni di piombo. Apre oggi ad Alessandria il processo a Renato Curcio e Mario Moretti, capi storici delle Br, e al militante Lauro Azzolini. Hanno 84, 79 e 82 anni. Il caso è quello della sparatoria avvenuta nel 1975 alla Cascina Spiotta, in provincia di Alessandria. Durante lo scontro perse la vita l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso, mentre altri due militari rimasero feriti. L’episodio si verificò durante un’operazione volta a liberare l’imprenditore vinicolo Vittorio Gancia, sequestrato il giorno precedente. In quell’occasione morì anche Mara Cagol, moglie di Renato Curcio.
Un quarto imputato, Pierluigi Zuffada, è stato invece prosciolto a causa della prescrizione del reato contestato e poche settimane dopo è deceduto. Durante un’udienza precedente, Bruno D’Alfonso, figlio dell’appuntato ucciso e carabiniere in congedo, aveva espresso la speranza che il processo potesse rendere giustizia alla memoria del padre. Nel 2021, D’Alfonso aveva presentato una denuncia alla Direzione Distrettuale Antimafia del Piemonte chiedendo di individuare “mister X”, il brigatista mai identificato e sfuggito alla cattura.
Secondo la pubblica accusa, sarebbe proprio Lauro Azzolini. Gli investigatori ritengono che sia stato lui a redigere un rapporto interno delle Brigate Rosse sugli eventi della Cascina Spiotta, documento poi ritrovato dagli inquirenti. Inoltre, le analisi hanno rilevato impronte digitali e palmari che riconducono ad Azzolini.
Le accuse nei confronti degli altri imputati riguardano diversi ruoli nella vicenda: Zuffada avrebbe avuto il compito di consegnare la richiesta di riscatto all’avvocato dei Gancia, mentre Curcio e Moretti, in quanto leader dell’organizzazione, sarebbero stati tra i principali ideatori del sequestro. Tuttavia, le difese contestano questa ricostruzione, sostenendo che la struttura organizzativa delle Brigate Rosse nel 1975 non permetteva una gestione così centralizzata delle operazioni.
L’inchiesta si è sviluppata attraverso un’analisi approfondita di materiali d’epoca e l’uso di strumenti investigativi moderni. Gli inquirenti hanno incrociato documenti e verbali risalenti all’epoca dei fatti, esaminato libri scritti dagli ex brigatisti e utilizzato intercettazioni, oltre a impiegare un trojan su Azzolini. Inoltre, droni sono stati impiegati per mappare l’area della Cascina Spiotta, cercando di ricostruire con precisione lo scenario dello scontro.
Renato Curcio ha presentato un memoriale in cui nega qualsiasi coinvolgimento nell’operazione, sostenendo che la struttura delle Brigate Rosse all’epoca non avrebbe consentito un’organizzazione diretta del sequestro da parte sua o di altri membri. Azzolini, invece, era stato già prosciolto nel 1987 in fase istruttoria. Tuttavia, la procura ha richiesto e ottenuto la revoca di quel provvedimento, la cui versione originale è andata perduta nell’alluvione che colpì Alessandria nel 1994.