Vittima di uno scambio di persona, Giulio Giaccio, 26 anni, venne ammazzato il 30 luglio del 2000. I sicari cercavano un altro giovane, “colpevole” di avere una relazione con la sorella di un boss.
Napoli – “Sei tu Salvatore?” Il 30 luglio di 24 anni fa a Giulio Giaccio, 26enne muratore di Pianura, incensurato e lontano da ogni contesto criminale, non bastò urlare il proprio nome. Lo portarono via con il pretesto di un controllo di polizia e lo uccisero con un colpo di pistola durante il tragitto in auto. Poi sciolsero il suo cadavere nell’acido e Giulio divenne un fantasma. Oggi altre tre condanne hanno contribuito a chiudere il cerchio attorno ai responsabili di quel brutale omicidio, figlio di un tragico scambio di persona.
Dopo la sentenza di luglio scorso, che ha inflitto 30 anni di carcere ai presunti mandanti del delitto, Salvatore Cammarota e Carlo Nappi, oggi è arrivato lo stesso verdetto per altri tre imputati. Luigi De Cristofaro e Salvatore Simioli, accusati del sequestro, e Raffaele D’Alterio, ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio, sono stati condannati a 30 anni di reclusione dal giudice Provvisier, che ha accolto integralmente la richiesta dell’accusa.
Il processo di primo grado, celebrato con rito abbreviato, ha confermato la tesi della Procura, rappresentata dai pm della Dda Giuseppe Visone e Maria Di Mauro. Tuttavia, il giudice non ha riconosciuto l’aggravante del metodo e della finalità mafiosa, come richiesto dall’accusa, ma ha confermato quella dei futili motivi. Durante il procedimento, nessuno degli imputati ha rilasciato dichiarazioni spontanee né ammesso le proprie responsabilità.
Giaccio è rimasto vittima di uno dei più tragici errori della camorra napoletana. Il 30 luglio del 2000, i sicari lo scambiarono per un giovane di nome Salvatore, accusato di avere una relazione con la sorella di Cammarota. A distanza di oltre vent’anni, un contributo decisivo alle indagini è arrivato dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Ruggiero, ex affiliato di spicco del clan di Marano. Le sue rivelazioni hanno portato, nel marzo dello scorso anno, all’arresto di Raffaele D’Alterio, Luigi De Cristofaro e Salvatore Simioli, detto ’o sciacallo.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, D’Alterio avrebbe sparato alla testa di Giaccio, che era stato sequestrato dai criminali fingendosi poliziotti. Il giovane fu prelevato e caricato a bordo di una Fiat Punto rossa rubata, insieme a Roberto Perrone, altro collaboratore di giustizia, che nel primo processo ha ammesso il proprio coinvolgimento ed è stato condannato a dieci anni di carcere.
Il tragico destino di Giulio Giaccio fu segnato dalla sua somiglianza con un coetaneo coinvolto in una relazione sgradita al clan. Cammarota, contrario a quella storia, avrebbe ordinato l’omicidio. Gli assassini, però, furono ingannati da una segnalazione errata di un conoscente del gruppo criminale, che indicò Giaccio mentre si trovava in piazzetta Romani su una moto. Il giovane fu portato via con il pretesto di un controllo di polizia e ucciso lungo il tragitto, per poi essere dissolto nell’acido, vittima di un errore irreparabile.