L’ex commissario davanti alla commissione d’inchiesta sulla vicenda Jc Electronics di cui non ha mai parlato con l’allora premier Conte.
Roma – Oggi è tornato a parlare di fronte alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell’emergenza Covid l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto in questi giorni dal giudice dell’udienza preliminare della Capitale nell’ambito dell’inchiesta sulla fornitura di mascherine dalla Cina nella prima fase della pandemia. “Malgrado la premessa che non me ne sia mai occupato direttamente, mi assumo tutta la responsabilità dei contenuti, dell’andamento e delle conclusioni di questa vicenda come credo debba fare qualsiasi funzionario pubblico chiamato a esercitare una qualche responsabilità”, ha dichiarato Arcuri a proposito della vicenda delle mascherine della Jc Electronics.
Tra i nodi dell’audizione c’era appunto la questione mascherine: in una nota il senatore di Fratelli d’Italia Gianni Berrino, componente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza Covid, aveva parlato di un “contratto d’acquisto di mascherine regolari annullato per importare, invece, mascherine irregolari. È molto grave – aveva fatto notare – l’accusa rivolta all’allora commissario straordinario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri, dal fondatore della Jc Electronics, azienda che dovrà essere risarcita dallo Stato per la commessa di mascherine illegittimamente revocata”.
‘Nel periodo in cui si è svolta la vicenda con Jc Electronics – ha spiegato Arcuri nell’audizione – la struttura commissariale ha sottoscritto 40 contratti con fornitori diversi da Jc Electronics e dai fornitori cinesi che hanno fornito 9 miliardi di mascherine. Lo dico a beneficio di tutti”. “Certamente è di difficile sostenibilità la tesi che Arcuri a marzo del 2020 sapesse che le mascherine sequestrate a febbraio del 2021 e poi dissequestrate non erano buone. Se ne occuperanno altri in altre sedi”, ha aggiunto Arcuri, in merito alle dichiarazioni di Dario Bianchi, fondatore e amministratore della Jc Electronics Italia.
Quanto alle mascherine prodotte in Cina ha sottolineato: “Il certificato CE non ce l’hanno. Quindi come si fa a sostenere che il certificato Ce delle mascherine era falso? In Cina non sanno nemmeno cosa significa’ CE’.
“Se ne occuperanno in altre sedi della gravità delle affermazioni dell’ingegnere Bianchi” ha aggiunto Arcuri. E ancora, il 18 marzo del 2020 “non avevamo nulla se non la consapevolezza della tragedia e la necessità di
attrezzarsi nel minore tempo possibile”. Poi ha aggiunto: “Confermo che la struttura commissariale dal
mese di luglio” del 2020 “non ha mai acquistato mascherine dall’estero. Si è rifornita con produzione propria e con la filiera italiana che intanto era nata”. Riguardo alla sua recente assoluzione ha detto: “Purtroppo su
questa vicenda è in corso un procedimento giudiziario che, dalla scorsa settimana, non riguarda me ma almeno altri 10 cittadini italiani”.
Arcuri ha poi sottolineato di non aver “mai parlato con il presidente del Consiglio Conte né di acquisti, né di forniture, né di Jc, né di Cina, né di Bielorussia, né di Basilicata”. “Pensare che il presidente del Consiglio e il commissario dell’emergenza interloquissero su questo o su ogni altra fornitura significa continuare ad offendere quella stagione, il dramma che il presidente del Consiglio, il commissario all’emergenza e
quanti altri vivevano in quelle ore, l’ansia della mancanza del tempo che non avevano, lo sforzo di rispondere a problemi nuovi e sconosciuti” ha aggiunto.
“Il presidente del Consiglio, così come gli altri ministri coinvolti, mi chiamavano ogni minuto con la comprensibile ansia di quei giorni che solo chi ha vissuto può conoscere e chi non ha vissuti dovrebbe rispettare, solo per accertarsi che io e miei collaboratori stessimo facendo tutto il possibile, e qualche volta anche di più, per fare arrivare in Italia i dispositivi e le attrezzature necessarie a fronteggiare quella tragedia, che non avevamo, come anzitutto gli esponenti della Regione Lombardia ci ricordavano ogni ora” ha concluso Arcuri. Sulla questione interviene anche Giuseppe Conte.
L’ex premier fa notare che la commissione d’inchiesta ha “il dovere di approfondire le questioni sollevate
dall’intervista rilasciata dall’ex commissario Arcuri, nella quale ha accennato a diverse proposte di fornitura di
dispositivi di protezione individuale provenute da esponenti politici lontani dalla gestione dell’emergenza pandemica”. Per il leader M5S i cittadini italiani devono “sapere se, al fianco dei rappresentanti politici e
istituzionali che si impegnavano giorno e notte per salvare il Paese e condurlo fuori dalla pandemia, ci sono stati anche politici che hanno invece preferito concentrare i loro sforzi nel fare pressioni per consentire migliori affari a imprenditori amici. Chiedo quindi al presidente Lisei che questi aspetti, potenzialmente molto gravi – ha concluso Conte – vengano approfonditi in un’ulteriore audizione dell’ex commissario Arcuri”.