Mafia: quel “diritto alla verità” non ancora riconosciuto dal sistema giuridico

Se ne è parlato nel convegno organizzato dalla senatrice dem Enza Rando: con lei anche don Ciotti “Giustizia non è un accessorio”.

Roma – “La mafia uccide, il silenzio pure” è una delle frasi più emblematiche della storia di Peppino Impastato, giornalista e giovane militante di Cinisi, ucciso da Cosa nostra il 9 maggio 1978. Quel silenzio ha trovato voce il molte testimonianze e una giornata, che ogni anno si celebra il 21 marzo, per non dimenticare le vittime e i loro familiari. Ma per la senatrice Pd Enza Rando “il diritto alla verità dovrebbe essere sancito dalla Costituzione: quello di oggi è un primo passo in questa direzione”, ha detto durante il convegno ‘Diritto alla verità e vittime innocenti di mafia. Tra memoria e diritti mancati’, organizzato nella sala Zuccari del Senato.

“E’ ora che politica e istituzioni – ha affermato la senatrice dem – si assumano la responsabilità di guardare negli occhi i famigliari di chi ha perso la vita per mano delle mafie, e fare propria la loro lotta per giungere a verità e giustizia. Questo momento è per voi”. Al dibattito c’erano don Luigi Ciotti, presidente di Libera contro le Mafie, la deputata Chiara Colosimo, presidente della commissione Antimafia, Giovanni Roberto Conti, magistrato della Corte di Cassazione, Franca Maria Rita Imbergamo, sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Daniela Marcone, referente nazionale memoria per Libera contro le Mafie e Ilaria Moroni, coordinatrice della Rete archivi ‘Per non dimenticare’.

Enza Rando accanto a Don Ciotti

“Una sala piena come quella di oggi è un segnale importante per iniziare questo lavoro. Dopo il riconoscimento della tutela delle vittime, che ha visto il primo voto del Senato proprio nei giorni scorsi, bisogna colmare i diritti negati dei famigliari – ha proseguito Rando, responsabile Legalità del Partito Democratico e coordinatrice del comitato minori della commissione antimafia”. “Porteremo avanti l’impegno per una legge sul diritto alla verità raccogliendo le battaglie che da anni conducono le associazioni dei famigliari delle vittime di mafia. E’ a loro – ha concluso la senatrice Pd – che dobbiamo una risposta di giustizia e di verità”.

“La giustizia e la verità non sono accessori della vita, sono la sua condizione. Una vita privata di verità e giustizia è una vita senza libertà e dignità. I familiari delle vittime innocenti delle mafie non ci chiedono solo celebrazioni, ci chiedono un impegno di carne quella carne che ai loro cari è stata dilaniata”. Sono le parole di Luigi Ciotti, presidente di Libera che ha partecipato al convegno promosso da Enza Rando. Ci chiedono di trasformare la memoria del passato in un’etica del presente in un’etica della condivisione e della corresponsabilità. C’è bisogno di verità, fare il possibile perché il diritto alla verità acquista il giusto peso nel nostro Paese per contribuire a non perpetuare l’impunità e rafforzare così la democrazia”, ha affermato.

“Il diritto alla verità – ha proseguito don Ciotti – non è ancora riconosciuto dal nostro sistema giuridico. Siamo qui ancora una volta insieme a chiedere diritti, non benefici; non favori siamo consapevoli che gli appelli sono soltanto testimonianza di volontà e non hanno il potere di condurre gli eventi sul sentiero della giustizia e della verità di tante vite violate – sottolinea – Ma nonostante tutto non viene meno una volontà condivisa e incrollabile di esigere la verità e la giustizia e denunciano le troppe coscienze dormienti, eticamente silenti, se non complici”.

“Occorre rendere operative in Italia – ha concluso il presidente di Libera – le direttive europee di tutela delle vittime e dei loro familiari e che sia riconosciuto lo status di vittima di mafia anche alle persone che hanno subito eventi delittuosi di stampo mafioso antecedente al primo gennaio 1961. L’equiparazione delle vittime del dovere e delle mafie alle vittime del terrorismo che in materia di prescrizioni e decadenze previste da una circolare del ministero dell’interno: sia fatta una attenta ed urgente riflessione onde evitare interpretazioni ingiustamente restrittive. Un sostegno alle vittime dei reati internazionali violenti, cosiddetta criminalità comune”.

Le vittime di mafia

Don Luigi Ciotti nel corso della manifestazione a Roma in occasione della 29ma giornata del ricordo e dell’impegno per le vittime innocenti di mafia, aveva lanciato la frecciata: “Fare memoria vuol dire impegnarsi non una giornata, ma ricordare i nomi di tutti quanti, con la stessa dignità e con la stessa forza: è importante impegnarsi tutti i giorni. Bisogna fare un lavoro nelle scuole, nelle università e nei territori. Non dobbiamo dimenticarci che le mafie sono forti, anche più di prima. Sparano di meno ma ci sono”, aveva detto il leader di Libera. In quell’occasione oltre 700 famigliari delle vittime di mafia si era riunito nella Capitale.

Quel giorno erano stati letti i nomi delle 1.081 vittime innocenti delle mafie dal 1861 in poi. Oggi, è stato sottolineato, “più dell’80 per cento dei familiari delle vittime innocenti di mafia non conosce la verità
e non può avere giustizia”.
 In totale, le donne vittime della violenza mafiosa sono 134. Sono invece 115 i nomi di bambini uccisi dalle mafie. La più piccola è Caterina Nencioni, 50 giorni, uccisa dalle bombe di Via dei Georgofili insieme a tutta la sua famiglia e al giovane Dario Capolicchio. 

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