La delibera della Settima Commissione approvata in plenum certifica le criticità di numerosi uffici giudiziari sul processo telematico.
Roma – Il Csm, dopo il malfunzionamento dell’applicativo ‘App 2.0’ per il processo telematico riservato a magistrati e cancellieri, che aveva portato al caos numerosi tribunali da Roma a Milano, aveva avviato un monitoraggio. Ad occuparsene, la Settima Commissione che ha messo nero su bianco criticità in 87 uffici giudiziari in una delibera approvata dal plenum del Consiglio Superiore della Magistratura. Le criticità erano molte, poiché le Procure, da Nord a Sud, avevano dovuto bloccare temporaneamente l’utilizzo dell’App entrata in vigore il primo giorno dell’anno dopo il via libera al decreto del 27 dicembre.
”Dopo un attento e preciso monitoraggio da parte del Csm siamo arrivati alla conclusione che l’applicativo del ministero della Giustizia per il processo penale telematico non funziona”, afferma il consigliere laico del Csm Ernesto Carbone. ”Ad oggi quasi cento tribunali hanno attestato il malfunzionamento e ne hanno sospeso l’utilizzo. L’auspicio – aggiunge – è che il ministero possa al più presto recuperare il tempo perso, alla luce anche di quanto emerso sui costi finora sostenuti”. Il Guardasigilli parlando della questione durante la relazione sull’amministrazione della giustizia, ha sottolineato come le “novità tecnologiche, obbligatorie e compresse in tempi ristretti, hanno creato delle criticità, che in parte sono state risolte, ma siamo certi che entro la fine dell’anno saranno superate”, ha assicurato Nordio.
“Numerosi dirigenti degli uffici giudiziari, ben prima della nota Dgsia (Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, ndr.), avevano provveduto ad accertare ed attestare i malfunzionamenti” nell’applicativo App per il processo penale telematico, consentendo ”che atti e documenti fossero redatti in forma di documento analogico e depositati con modalità non telematiche, al fine di evitare la paralisi della relativa attività giudiziaria”, si sottolinea nella delibera della Settima Commissione. “Una ricognizione, che ad oggi non è da considerarsi completa, – si legge ancora – ha permesso di accertare che diversi Presidenti di Tribunale hanno emanato provvedimenti e, tra questi, tutti quelli riguardanti gli uffici di maggiori dimensioni; nello specifico, sono pervenuti i provvedimenti di ben 87 tribunali’‘ tra cui quelli di Bologna, Milano, Napoli e Roma. ”Alcuni dei provvedimenti – si legge – nell’attestare il malfunzionamento, consentono il ricorso al doppio binario analogico-telematico”.
Già con delibera dell’11 luglio 2024 il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura, “adottando il previsto parere sul dm 27 dicembre 2024 n. 206”, aveva evidenziato le “criticità tecnologiche del Ppt e l’assenza di sperimentazione negli uffici giudiziari prospettando la necessità di mantenere un doppio binario (analogico e digitale) anche per l’udienza preliminare e dibattimentale”. Veniva, poi, auspicato un “deciso cambio di passo qualitativo nella gestione del Ppt (anche alla luce dei ripetuti malfunzionamenti verificati nella gestione delle archiviazioni)”. L’entrata in vigore del dm 27 dicembre 2024 n. 206 (pubblicato in Gazzetta ufficiale solo il 30 dicembre scorso) ha già determinato l’attestazione di malfunzionamenti dell’applicativo da parte di molti uffici giudiziari italiani (Milano, Roma, Torino, Catania, Bari, Lecce, Siracusa solo per citarne alcuni).
Proprio per queste ragioni la Settima commissione aveva dato immediato incarico alla Struttura tecnica dell’organizzazione di verificare la rilevanza e l’entità dei dichiarati malfunzionamenti affinché la Commissione stessa potesse valutare “in tempi ristrettissimi il loro impatto sull’organizzazione e l’efficienza degli uffici giudiziari coinvolti”. La procura della Capitale, la più grande d’Italia, ha imposto un blocco fino al 31 gennaio. Il procuratore capo Francesco Lo Voi in una circolare ha stabilito che i pubblici ministeri per i prossimi 23 giorni dovranno “redigere e depositare” gli atti “in forma di documenti analogici” invitando a trasmettere “con modalità non telematiche documenti, richieste e memorie”. Anche il presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia, ha parlato di “rischi” di rallentamento per “l’ordinaria attività processuale”.
I consiglieri togati Unicost sottolineano che “Il Csm ha offerto in modo leale e continuativo il suo supporto per un’informatizzazione efficace, in linea con gli impegni europei e con la complessità del procedimento penale”. Ma “allo stesso tempo, la delibera stigmatizza come non sia stata prevista un’adeguata sperimentazione, ribaltando sugli uffici e sugli utenti la progressiva scoperta dei bug e dei malfunzionamenti su cui si sta intervenendo, purtroppo ad applicativo già operativo. L’obiettivo attuale è quello di correggere ‘in corsa’ i numerosi difetti di progettazione e programmazione, confermando il grave vulnus determinato dall’assenza di una sperimentazione preventiva e adeguata – aggiungono – è stata, di fatto, ribaltata la logica che dovrebbe alimentare l’innovazione e la digitalizzazione dei processi. Sarebbe, infatti, opportuno effettuare una preventiva analisi dei flussi procedimentali ed un adeguato periodo di test degli applicativi prima del loro effettivo utilizzo negli uffici giudiziari”.