Il vecchio Continente ospita ben quattro dei cinque principali rifugi fiscali al mondo. Ecco come e perché il fenomeno impoverisce i Paesi.
Una volta quando si parlava di “paradiso fiscale” si faceva riferimento a luoghi esotici, lontani e si immaginavano spiagge tropicali immerse in un panorama mozzafiato. Luoghi preferiti da evasori, lestofanti e truffatori per sfuggire al fisco e fare la bella vita, alla faccia dei soliti gonzi che versano fino all’ultimo centesimo al fisco. La locuzione “paradiso fiscale” indica comunemente uno Stato che garantisce un prelievo fiscale basso o addirittura nullo in termini di tasse e sui depositi bancari. Questa opzione attrae molto capitale dai paesi esteri in cambio di una tassazione estremamente ridotta.
Dal punto di vista del contribuente si tratta di un rifugio dalla tassazione sui redditi, annoverabile talvolta come tecnica di elusione fiscale. Il fenomeno si è talmente diffuso che è stato coniato l’appropriato termine “saccheggio legale” per descrivere la sottrazione di risorse finanziarie utilizzabili per i servizi sociali, con la protezione della legge. Eppure, il 22 novembre 2023 l’ONU ha approvato a larga maggioranza una risoluzione che chiedeva di ridefinire una cornice quadro per una nuova normativa sulla tassazione internazionale dei profitti. Ma si sa che l’illiceità non conosce confini né ostacoli. Oggi non bisogna allontanarsi nemmeno troppo per trovare soddisfatte queste condizioni.
La vecchia Europa, culla di diritto e cultura, offre diversi luoghi per accogliere… con tutti gli onori i lestofanti che vogliono proteggere il loro tesoro. World Inequality Lab è una piattaforma che fornisce analisi e ricerche sull’evoluzione storica della distribuzione dei redditi e della ricchezza nel mondo, sia all’interno di una nazione che tra le nazioni. Da un suo recente studio ripreso dalla CGIA di Mestre, l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre, è emerso che tra i primi cinque paradisi fiscali al mondo, quattro sono europei: Principato di Monaco, Granducato di Lussemburgo, Liechtenstein e Chanel Island nel canale della Manica.
Al quinto posto le Bermuda, il primo Paese non europeo in questa speciale classifica. Il Principato di Monaco ha dato il benvenuto a circa 8 mila italiani che hanno deciso di spostarvi la residenza grazie alla tassazione quasi nulla sui redditi e immobili.
La lista è lunga ed è composta da personaggi sportivi e dello spettacolo, imprenditori di vario genere, criminalità organizzata e colletti bianchi. Come riportato dalla CGIA, sono presenti anche banche italiane, fondi di investimento, assicurazioni, multinazionali che operano sul territorio nazionale. E’ stata fatta una stima secondo cui la residenza nei paradisi fiscali e le operazioni opache delle multinazionali aiutano a capire la gravità del fenomeno, perché con un’evasione di queste dimensioni, qualsiasi discorso su riduzione della tassazione e potenziamento del welfare lascia il tempo che trova.
L’Area Studi di Mediobanca ha calcolato che nel 2022 le 25 multinazionali del web operanti sul nostro territorio hanno versato allo Stato solo 206 milioni di euro di tasse su un fatturato di ben 9,3 miliardi. Purtroppo, oltre a questi, non ci sono altri dati a disposizione, per cui non si è in grado di inquadrare perfettamente il fenomeno. Però secondo l’Istat (Istituto nazionale di Statistica) il numero di multinazionali straniere che operano sul nostro territorio grazie a società controllate sono ben 18434. Se si fanno un po’ di conti, si giunge ad una cifra stratosferica. E’ come se si fosse stabilito un rapporto direttamente proporzionale: più cresce l’ammontare dell’evasione, più si impoverisce il Paese!