Rinvio decreto ‘Paesi sicuri’ alla Corte Ue: quei “cavilli” che spaccano politici e esperti

Il legale dei migranti: “diritto dell’Unione ha efficacia diretta”. Tajani: “Su accordo con Albania nessuno scontro con l’Europa”.

Roma – Ieri la decisione del Tribunale di Bologna di rinviare alla Corte di Giustizia europea il decreto del governo sui Paesi sicuri, per chiedere quale sia il parametro su cui individuarli, ha scatenato una nuova bagarre politica con il centrosinistra che accusa il governo e l’esecutivo che difende la sua scelta e quel decreto. I giudici chiedono se il principio del primato europeo imponga di ritenere che in caso di contrasto fra le normative prevalga quella comunitaria. Il rinvio è arrivato nell’ambito di un ricorso promosso da un richiedente asilo del Bangladesh contro la commissione territoriale per il riconoscimento della protezione.

“Il ragionamento condotto dal tribunale di Bologna è molto interessante. Ed è opportuno sottolineare che non si sovrappone con la questione pregiudiziale già proposta dal tribunale di Roma lo scorso 1 luglio”, spiega all’AGI l’avvocato Paolo Iafrate, legale di tre migranti originari del Bangladesh che erano stati portati nel Cpr in Albania, commentando l’ordinanza di rinvio pregiudiziale emessa dal tribunale di Bologna. “Il giudice capitolino – spiega il legale – ha infatti chiesto alla Corte di Cassazione se – nel caso di procedimento conseguente al rigetto per ‘manifesta infondatezza’ della richiesta di protezione internazionale -, il giudice sia vincolato alla lista dei paesi di origine sicura approvata con il decreto interministeriale o se debba comunque valutare sulla base di informazioni sui paesi di origine aggiornate al momento della decisione”.

Il caso migranti in Albania

“Il diritto dell’Unione” – aggiunge il giurista -, “risulta dotato senz’altro di efficacia diretta, sicché il giudice nazionale ha l’obbligo di applicare la norma europea e di non applicare quella nazionale, dovendo a tal fine
verificare che la fonte normativa europea sia chiara, precisa e incondizionata”. A tal riguardo, spiega Iafrate, la sentenza del 4 ottobre della Corte di Giustizia “non lascia margini di dubbio sul carattere immediatamente precettivo” della direttiva europea in materia di condizioni per la designazione di un paese terzo come paese sicuro”. Valter Giovannini, ex procuratore aggiunto di Bologna, magistrato che per anni si è occupato di criminalità e immigrazione, in una riflessione dopo la decisione del tribunale bolognese sottolinea che è “indispensabile e urgente che la Commissione Europea affronti la materia nella sua interezza fissando criteri chiari ed uniformi. Il fenomeno immigrazione non può essere governato esclusivamente con provvedimenti giudiziari emessi dalle singole magistrature o dalla Corte di Giustizia”.

Giovanni sottolinea che si “tratta di strategie di alta politica che devono trovare una non più rinviabile e pragmatica sintesi tra i diritti delle persone e il pari diritto dei singoli Paesi di non accogliere o espellere le persone che non possono godere di alcuna tutela”. Ma intanto prosegue la polemica politica. Il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli subito dopo la diffusione della notizia della decisione dei giudici bolognesi ieri aveva affermato: “Ormai è di solare evidenza: una certa magistratura accelera procedure e procedimenti ogni qual volta intenda minare l’operato politico di un governo legittimamente in carica. L’iter di conversione del dl ‘Paesi sicuri’ non è iniziato alla Camera che già assistiamo all’invio da parte del Tribunale di Bologna della richiesta alla Corte di Giustizia Europea per chiedere quali siano i parametri per individuare i Paesi sicuri“.

Il centro di prima accoglienza allestito a Shengyin in Albania

E ancora, aveva aggiunto Rampelli, “Siamo proprio sicuri che tale competenza spetti al Tribunale di Bologna? È stato avvisato di questa iniziativa il Ministro Guardasigilli? Tra spionaggi e tentativi di delegittimazione del Governo sembra chiaro anche il desiderio di commissariamento nei confronti delle Camere e dei suoi parlamentari da parte di alcune procure. All’indomani del ceffone dato alla sinistra nelle elezioni liguri sembriamo sempre di più una democrazia a libertà condizionata”. Il vicepremier Antonio Tajani, in merito all’accordo con l’Albania sui migranti, afferma che “non c’è uno scontro con l’Europa, e anzi molti Paesi europei hanno indicato che il tentativo che l’Italia sta facendo di gestire la questione dei migranti irregolari con un paese amico come l’Albania è un tentativo che va incoraggiato”. “Ho sempre detto che l’opinabilità dei provvedimenti giudiziari si risolve, da parte di chi ha delle visioni contrarie, all’interno dei circuiti giudiziari”, ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, sottolineando: “Si vedrà quali saranno i pronunciamenti ed eventuali impugnazioni che potranno essere fatte”.

Il ministro degli Esteri nel corso di un’intervista al Messaggero veneto fa notare di aver “criticato la modalità con cui è stato fatto riferimento a una sentenza europea per andare di fatto contro un provvedimento preso con l’autorità di Governo”, ha detto ancora Tajani. “Non cerchiamo lo scontro con alcuni settori della magistratura, ma soltanto il rispetto dei ruoli. Nostro dovere è risolvere la questione migratoria e quello che stiamo facendo è nel rispetto delle regole italiane e comunitarie, quindi andremo avanti”. Al vicepremier replica il segretario di +Europa Riccardo Magi: “Tajani dice che ai giudici non spetta cercare di cambiare le leggi e fare il braccio di ferro con il potere esecutivo e legislativo. Giustissimo, se non fosse che i giudici
applicano la legge che questo governo vuole aggirare come suoi migranti, inventandosi addirittura per decreto la primazia delle norme italiane su quelle europee, come Tajani dovrebbe sapere essendo stato
presidente del Parlamento europeo”.

“Tajani si ricordi – conclude Magi – che il principio di equilibrio tra poteri vale anche per il governo, soprattutto per il governo dell’Italia che non è ancora una democratura come quella di Orban, che a questo esecutivo tanto piace. Resta il solito vittimismo della destra: prima vanno allo scontro frontale con la magistratura poi se la prendono con i giudici non hanno altra scelta se non quella di disapplicare le norme del governo contrastanti con il diritto europeo”.

Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati si dice “fortemente sorpreso” dalla decisione del Tribunale di Bologna di rinviare il decreto legge ‘Paesi sicuri’ alla Corte di giustizia europea. “Siamo certi che la Corte confermerà quello che per noi è lapalissiano: ovvero che è lo Stato a stabilire quali sono, appunto, le Nazioni sicure. Resta indiscussa la prerogativa del giudice di valutare poi, nel caso concreto, se quel Paese, sicuro in linea generale, lo sia, nello specifico, per il soggetto di cui si parla. Il decreto è certamente un atto giuridico e tiene conto, e non potrebbe che essere così, sia politicamente sia giuridicamente, della tutela dei diritti umani”.

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