Lo afferma una portavoce della Commissione Ue alla vigilia dell’esame alla Camera degli emendamenti al testo approvato a settembre dal Cdm.
Roma – La questione balneari è tutt’altro che chiusa. I primi di settembre il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla riforma delle concessioni: una misura contenuta in un decreto legge su materie oggetto di procedure d’infrazione europee. Il decreto legge, aveva spiegato una nota di Palazzo Chigi in cui si sottolineava anche la collaborazione tra Roma e Bruxelles, “consentirà di agevolare la chiusura di 16 casi di infrazione e di un caso EU Pilot”. La Commissione Ue aveva accolto “con favore” la decisione dell’Italia. Ma ora l’Europa torna alla carica. “È importante che il testo finale” della riforma italiana dei balneari “garantisca la conformità con la direttiva sui servizi” Bolkestein. Lo afferma una portavoce della Commissione Ue alla vigilia dell’esame alla Camera degli emendamenti al testo approvato a settembre dal Consiglio dei ministri.
Bruxelles “resta in stretto contatto con le autorità italiane nel quadro del processo parlamentare italiano di conversione del decreto legge in legge”, evidenzia la portavoce, sottolineando che, dopo l’esame italiano degli emendamenti, Bruxelles “analizzerà il testo finale adottato una volta presentato ufficialmente dalle autorità italiane”. Del resto il nodo del problema è sempre stata l’applicazione della direttiva Ue Bolkestein che si trascina da 14 anni. A metà luglio un nuovo “uragano” si era abbattuto con forza sui balneari. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea aveva stabilito che alla scadenza delle concessioni lo Stato italiano poteva acquisire le opere “inamovibili” – spogliatoi, piscine, bar – senza dovere nulla agli imprenditori che le avevano realizzate e quindi pagate.
I punti principali della riforma delle concessioni balneari sono: l’estensione della validità delle attuali concessioni fino a settembre 2027, l’obbligo di avviare le gare entro giugno 2027, la durata delle nuove concessioni da un minimo di 5 a un massimo di 20 anni al fine di garantire al concessionario di ammortizzare gli investimenti effettuati. C’è anche l’obbligo di assunzione di lavoratori impiegati nella precedente concessione, che ricevevano da tale attività la prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare, l’indennizzo per il concessionario uscente a carico del concessionario subentrante e pari al valore dei beni ammortizzabili e non ancora ammortizzati e all’equa remunerazione degli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni.
Tra i criteri di valutazione delle offerte, sarà considerato anche l’essere stato titolare, nei cinque anni precedenti, di una concessione balneare quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare. Positivo il commento dell’Ue: “La Commissione accoglie con favore la decisione dell’Italia sul caso delle concessioni balneari. Ciò fa seguito a scambi costruttivi – ha detto una portavoce della Commissione Ue – attraverso i quali la Commissione e le autorità italiane hanno raggiunto un’intesa comune sul quadro legislativo della riforma delle concessioni balneari italiane alla luce del diritto dell’Ue, con una soluzione globale, aperta e non discriminatoria che copra tutte le concessioni da attuare entro i prossimi tre anni”.
La riforma sui balneari approvata a settembre in Consiglio dei ministri è “sbagliata, ingiusta e dannosa” e, “invece di un’azione seria, sembra che su questo tema la propaganda stia prevalendo sulla politica”. E’ tranchant il giudizio del Sib Confcommercio sull’intervento al quale lavora l’Esecutivo per normare la questione delle concessioni e provare a chiudere la procedura d’infrazione a carico dell’Italia, che si trascina dal 2016. La nuova presa di posizione del sindacato balneari di Confcommercio arriva alla vigilia della discussione prevista per domani in commissione alla Camera. “La premier Meloni aveva annunciato una riforma che offrisse una soluzione strutturale e definitiva alla questione – dice all’AGI il presidente nazionale del Sib, Antonio Capacchione, a Napoli per un’iniziativa sul tema organizzata da Confcommercio Campania – ma al momento non è così”.
Questa riforma, fa notare, è “innanzitutto sbagliata perché non applica correttamente la Bolkestein, visto che il presupposto per l’applicazione della direttiva è la scarsità di risorse e questo significa creare contenzioso. E’ ingiusta nei confronti dei concessionari, perché fa un passo indietro rispetto alla legge Draghi, che riconosceva delle tutele ai concessionari perdenti ed è dannosa perché rischia di far saltare un modello che funziona, quello incentrato sulla gestione diretta e familiare”.