La linea difensiva dei disturbi nervosi e psicopatie per sviare l’attenzione sulla vera piaga del business illegale e oscuro del dark web.
Roma – Carmelo Miano e Vincenzo Coviello: due impiegati i cui nomi sono venuti alla ribalta negli ultimi giorni. L’informatico di Gela che ha messo sotto scacco i server del ministero della Giustizia e il dipendente di banca Intesa SanPaolo che sbirciava nei conti correnti di Giorgia Meloni e altri politici e figure istituzionali. Due pedine di un sistema molto più ampio, immenso, due micce che fanno esplodere prepotentemente lo scandalo – già peraltro noto – dei poteri occulti del dark web. Market fiorenti tra traffico di dati sensibili, droga e molto altro ancora. Quello che ipotizzano gli investigatori è che i due impiegati non abbiano agito da soli ma siano “vittima” di mandanti e criminalità su commissione.
Ma c’è un particolare che emerge in entrambe le storie: lo “schermo” del disagio psicologico e disturbi di adattamento o episodi traumatici subìti per nascondere la vera piaga che accomuna dossieraggio, attacchi hacker e spionaggio: il business infernale che si muove tra le pieghe del market Web e una volontà precisa dei “potenti” di abbattere politica e istituzioni. Servendosi di volti “acqua e sapone”, insospettabili, pedine perfette per i loro affari. Persone “fragili” anche dal punto di vista psicologico, oppure il disagio è l’unico modo per sfuggire ai conti con la giustizia? Carmelo Miano sarebbe stato vittima di bullismo, come riferito dal suo avvocato Gioacchino Genchi. Che ha chiesto al Riesame – l’udienza è il 16 ottobre – di scarcerare il 24enne per motivi di salute.
Già nell’interrogatorio sostenuto lo scorso 4 ottobre, il giovane ha fatto riferimento alle sue problematiche di salute, con una memoria nella quale viene, peraltro, evidenziato che gli atti di bullismo sono iniziati quando frequentava la terza elementare. Miano avrebbe subito aggressioni fisiche che hanno avuto un impatto duraturo sulla sua salute mentale e fisica. A seguito di un episodio particolarmente violento, il giovane è stato costretto a ricorrere alle cure del Pronto Soccorso di Gela per un trauma alla regione pubica, risultato di un calcio sferrato da alcuni compagni durante le ore di lezione. Gli atti di bullismo sono stati riportati e si sarebbero protratti fino al 2015, contribuendo a quella che il legale descrive come una lunga serie di problematiche di salute. In totale, Miano è stato supportato da otto referti medici, ognuno dei quali documenta le ferite e i traumi subiti, tutti portati a sostegno della richiesta di scarcerazione presentata dalla difesa.
La memoria legale non solo mette in luce la giovanissima età del coinvolto, ma anche la gravità e la durata delle violenze subite, che sono state descritte come sistematiche e spesso servivano a escluderlo e isolarlo socialmente. Ma cosa c’entra l’evento traumatico del bullismo con gli attacchi hacker che ha commesso? Tra l’altro, come ha ricostruito la Procura di Napoli che indaga sugli accessi di Miano ai server di via Arenula, Miano si sarebbe introdotto in quei server dopo essere finito nel mirino dei magistrati per inchieste che lo riguardavano. Cosa c’entra il disagio da bullismo con il Berlusconi Market, da lui stesso creato per fare affari sul web? E soprattutto, cosa c’entra il disagio con i suoi presunti legami con i russi e i suoi 3 milioni di dollari il criptovalute utilizzati sfruttando i genitori come prestanome? A tradirlo, e qui torniamo al passo falso dell’impiegato comune, sarebbe stato l’accesso a un sito porno.
Ci si chiede e si resta attoniti dal problema psicologico che “scagiona” dalle accuse, qualsiasi esse siano: da fatti meno gravi a attacchi alla collettività fino agli omicidi. Un tema quello del nesso psicologico e dei disturbi mentali con i delitti che da sempre è motivo di grandi polemiche e dibattiti. Passiamo al caso dell’impiegato di banca Vincenzo Coviello, finito nel mirino della Procura di Bari e ora indagato per accesso abusivo a sistemi informatici e tentato procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato. Per gli inquirenti non ha agito da solo spiando i conti correnti di 3.572 clienti dell’istituto, tra cui Giorgia Meloni, la sorella, politici e figure istituzionali. Anche in questo caso colpisce la difesa di Coviello, che ha detto di soffrire di un disturbo di adattamento misto. E di essere un maniaco del controllo. E per provarlo davanti alla commissione disciplinare di Banca Intesa Vincenzo Coviello ha prodotto la relazione di uno psicologo.
Dietro lo schermo del disturbo maniacale dice di aver fatto tutto da solo per curiosità. La Procura di Bari non ci crede ed è a caccia di complici e mandanti. Sono almeno due i punti che destano grandi perplessità tra gli investigatori: il gran numero degli accessi e la tipologia di persone controllate, tutte molto vicine alle istituzioni. Il sospetto, ancora da verificare, è che Coviello non abbia agito in solitaria. Ecco perché le indagini sono ancora ben lontane dalla conclusione. Sia nel caso di Miano che di Coviello, la linea difensiva è quella dei disturbi psicologici. Una linea che in molti casi appare vincente e che potrebbe essere utilizzata come “via di fuga” per mascherare il volto oscuro del sistema dietro turbe psichiche di impiegati comuni.
Per essere più precisi. Con la sentenza n.9163, depositata in data 8 marzo 2005, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno precisato che “anche i disturbi mentali della personalità, come quelli nervosi o psicopatie, possono costituire causa idonea a escludere o scremare gradatamente, in via autonoma e specifica, la capacità di intendere e di volere di un soggetto ai fini degli artt. 88 e 89 c.p., sempre che siano di consistenza, rilevanza, gravità e intensità tali da concretamente incidere sulla stessa”. Con questa pronuncia pertanto, viene ravvisata la natura di “infermità” rilevante giuridicamente anche nei disturbi di personalità, sempre che essi abbiano potuto influire in maniera significativa sulla funzionalità dei procedimenti intellettivi e volitivi del soggetto.
Ma la sentenza va nel profondo delle turbe psichiche, e c’è una precisazione da fare: quando un soggetto autore di un reato presenti tratti o disturbi nevrotici o psicopatici (tutti comunque da intendersi quali disturbi della personalità in genere) – dice la sentenza – i quali poi si sono riversati sulla sua condotta, realizzata mediante un programma criminoso lucido, seppur perverso, non potrà riconoscersi un vizio di mente giuridicamente rilevante. Qualora invece la compromissione psichica sia grave, minori siano le difese e maggiormente pregiudicato l’esame della realtà da parte di un soggetto (i c.d. scivolamenti psicotici), minore sarà il coordinamento e la programmazione dell’atto, in tutti i suoi passaggi sino alla effettiva esecuzione.
Il quadro psichico patologico dal quale trae origine il reato pertanto, – dice la Cassazione – dovrà in tali casi essere posto a raffronto con la condotta posta in essere dal soggetto antecedentemente, durante e successivamente alla commissione del reato (delitto organizzato o disorganizzato, psicopatico o psicotico). Questo è un gioco da ragazzi per gli avvocati più esperti. Ma la verità della storia quel è?