Scuola nel mirino Ue, Valditara: “su precari dati non veri, sono in diminuzione”

Il ministro risponde al question time: “Abbiamo registrato una prima inversione di tendenza con una riduzione del precariato”.

Roma –  “Il dibattito sui precari nella scuola è inquinato da dati non veritieri: si dice che sarebbero 250 mila ma si confondono situazioni diverse, 250 mila non sarebbe neanche il numero giusto se sommassimo docenti e personale Ata. Le supplenze effettive tra i docenti sono 140mila di cui 102mila su posti di sostegno e potranno aumentare al massimo di altre 15mila, arrivando quindi a 155 mila, in diminuzione comunque di 5 mila unità rispetto al passato”. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara fa il punto rispondendo ad una interrogazione – prima firmataria la deputata Pd Irene Manzi – sul reclutamento e alla stabilizzazione dei docenti, anche in relazione al recente deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia dell’Ue.

Valditara anzi dice: “Abbiamo registrato una prima inversione di tendenza con una riduzione del precariato dei docenti, dire cose non vere è solo propaganda di chi non vuole risolvere i problemi”. Il ministro ha sottolineato che se non si fosse tenuto conto degli accordi presi dal nostro Paese nella passata legislatura con la Commissione europea “avremmo messo irresponsabilmente a rischio il pagamento dell’ultima parte dei fondi del Pnrr” e che comunque il governo ha sta lavorando ad un cambiamento, ad ottenere una maggiore flessibilità, interloquendo con l’Europa. Bisogna non fare demagogia sul precariato”.

Giuseppe Valditara

Sul fronte contrattuale il ministro ha chiarito che dopo il 2009 sono passati 11 anni, fino al 2020, in cui i docenti non hanno mai avuto un rinnovo contrattuale. “C’è stata una vacanza contrattuale di 11 anni. Nel 2020 il contratto è stato inadeguato; dobbiamo proseguire con gli aumenti contrattuali, abbiamo stanziato 3 miliardi per arrivare presto ad una nuova definizione contrattuale, mi auguro ci siano sempre più risorse”, ha affermato Valditara rispondendo a una interrogazione alla Camera sull’immissione in ruolo e alla stabilizzazione del personale docente e amministrativo del comparto scuola presentata dalla deputata
Elisabetta Piccolotti (Avs).

Piccolotti aveva ricordato che “la Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia Ue per non aver posto fine all’uso eccessivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie nella scuola. Per questo vogliamo sapere dal governo se intende intervenire con urgenza, procedendo all’immissione in ruolo, in primis utilizzando le graduatorie di tutti i precedenti concorsi, su tutti i posti vacanti e disponibili per i docenti, facendo lo stesso per il personale Ata, e stabilizzando i posti di sostegno, per dare prospettive certe a chi oggi, da lavoratore precario, permette alla scuola di funzionare”, ha chiesto la
deputata di Avs. Le risorse stanziate per l’ultimo contratto erano state stanziate dal passato governo e le risorse del nuovo contratto non sono sufficienti. Sono 38mila i precari Ata e 102mila sono i precari sul sostegno: non si vede nessun impegno sul tentativo di stabilizzarlo”.

“La Commissione – aveva spiegato una nota di Bruxelles – ritiene che la legislazione italiana che stabilisce lo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche non preveda una progressione salariale basata sui precedenti periodi di servizio. Questo costituisce una discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato, che hanno diritto a tale progressione salariale. Inoltre, contrariamente al diritto dell’Ue, l’Italia non ha adottato misure efficaci per prevenire l’uso abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi del personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole pubbliche. Questo viola il diritto dell’Ue in materia di lavoro a tempo determinato”.

La Commissione ha ribadito che il diritto comunitario impone agli Stati membri di adottare misure efficaci per prevenire l’abuso dei contratti a tempo determinato. E aveva inoltre ricordato l’avvio di una procedura di infrazione contro l’Italia per l’abuso di contratti a termine nel pubblico impiego. Tuttavia, la Commissione aveva precisato di non avere competenza diretta per imporre all’Italia specifiche modalità di assunzione degli insegnanti. La scelta di come ottemperare agli obblighi comunitari in materia di contratti a termine spetta ai singoli Stati membri, così come l’organizzazione dei sistemi educativi. L’Ue, in questo ambito, può solo svolgere un ruolo di supporto, coordinamento e integrazione delle azioni nazionali.

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