La storia dei parroci di Pontida e Salvini: tra “Credo”, bandiere e diverbi sull’accoglienza

In vista del raduno del 6 ottobre don Antonio disapprova la scritta “Padroni a casa nostra”. Prima di lui le divergenze con don Giordano.

Pontida –  Le schermaglie tra Matteo Salvini e i parroci che si sono succeduti a Pontida sono note, un pò per la fede ostentata dal leader della Lega tra “Credo”, rosari e crocifissi sventolati. Un pò per la politica di accoglienza dei sacerdoti, diversa a detta loro dalla politica del Carroccio. Fatto sta che in vista del raduno di Pontida del 6 ottobre, don Antonio ha qualcosa da ridire. Un appello a Matteo Salvini? “Rivedrei quella scritta che hanno ben visibile su quel muro: ‘Padroni a casa nostra’. C’è da riflettere su questa frase, semplicemente. Che cosa ci scriverei? Niente, la cancellerei. Punto”. Lo ha detto a LaPresse il sacredote che da due anni cura le anime del paese della bergamasca che da sempre è roccaforte della Lega, ma che alle ultime elezioni gli è sfuggita di mano.

Parla in vista del raduno del Carroccio in programma nel weekend, sul pratone della cittadina nelle valli bergamasche. Quest’anno il focus sarà sulla vicenda Open Arms, che ha catalizzato l’attenzione mediatica e che ha creato una vera e propria mobilitazione della Lega a sostegno del suo leader con tanto di gazebi e raccolte firme in tutta Italia. “La giustizia faccia il suo corso. Se la legge è uguale per tutti, che sia uguale per tutti”, commenta don Antonio. Un altro argomento su cui interviene il parroco è lo Ius scholae: “Ci vuole accoglienza prima ancora delle leggi. Le istituzioni mettano in opera un progetto di accoglienza, non di numeri di anni. Iniziare a capire chi abbiamo qua e dove sono: credo che ci sia la necessità di questo”.

Un raduno a Pontida

Secondo il prete, a Pontida “ormai la gente è talmente abituata” all’annuale evento leghista “che non ne parla neanche, non sento chissà quali ansie. A mio avviso, c’è molta immaginazione e molto chiacchiericcio. Per uno che abita qua, io da poco, le giornate vanno via tranquillamente. Non c’è la percezione di cui a volte si chiacchiera. Io non frequento tutti i locali, però – conclude – non vedo tra la gente questo interesse. Anzi. Dopo vent’anni, a livello comunale, non amministra più” la Lega. Dopo vent’anni di dominio, la Lega ha infatti perso il feudo di Pontida. Il candidato e sindaco uscente Pierguido Vanalli è stato battuto da Davide Cantù della lista civica ‘Viviamo insieme Pontida’, che ha ottenuto il 52,71% di voti. E con l’ultima tornata elettorale, la mutazione cromatica si è compiuta: la parola “Pontida” non può più essere usata come sinonimo di Lega. Dopo 20 anni, il sindaco non è più del Carroccio, gli elettori hanno preferito un civico.

Non è la prima volta che il leader del Carroccio viene “contrastato” dai sacerdoti della sua amata Pontida. Anche don Giordano, già parroco del paese della bergamasca dal 2013, aveva avuto a che ridire, anche se in maniera molto più soft. A proposito dello slogan ‘Credo nell’Italia e nella Lega’ del raduno del 2022 “mi fa l’impressione che è quella di utilizzare una parola che nell’ambito religioso ha un suo spessore molto forte”. Matteo Salvini “dice di usarla in un ambito laicale, però quando noi religiosamente crediamo, crediamo in qualcuno, Gesù Cristo, che ha dato la vita per tutti noi. Ecco, utilizzare una parola del genere vuol dire impegnarsi seriamente. Lo speriamo. Se sia una forzatura? Abbastanza, sì. Ma ognuno in campagna elettorale utilizza slogan che sono un po’ forzati, insomma”.

Salvini a Pontida

Don Giordano ne ha vissuti diversi di raduni leghisti. E prima o dopo il giro e gli slogan nel pratone, qualcuno ha partecipato anche alla celebrazione eucaristica, in genere con ordine. “I primi anni non proprio nel senso che entravano anche con le bandiere aperte, – ha raccontato – poi piano piano li abbiamo educati su questo aspetto. In genere, sono persone che si muovono con una certa educazione. È capitato i primi anni. Come tutti passeggiavano in piazza, sono entrati in Chiesa anche così. Noi con gentilezza gli abbiamo detto: ‘Guardate, quando siamo in Chiesa, siamo tutti uguali, non dobbiamo dividerci in partiti e, quindi, invitiamo ad arrotolare le bandiere o a metterle sotto i banchi o se potete lasciarle fuori, addirittura’. Qualcuno l’ha arrotolata, qualcun altro l’ha messa sotto il banco. Non ci sono mai stati scontri”.

Ma c’è un collega di don Antonio e don Giordano che invece la vede diversamente: don Giancarlo di Cortemaggiore, co-parroco del comune del piacentino che anni fa ricevendo il leader della Lega si è fatto anche una bella foto ricordo. E a chi gli contestava che molti sacerdoti non vedono di buon occhio che Salvini estragga il rosario durante i suoi comizi di piazza, ha replicato: “Molti ci leggono un’evidenziazione un po’ esagerata, ma non penso che sia così: anche perché dopo tutte le critiche che gli sono state rivolte avrebbe già smesso di fare propaganda in questo modo, invece lo fa tranquillamente. Ad esempio anche ieri è entrato in chiesa (“Che bella la vostra basilica! Posso visitarla?” – ha detto al consigliere regionale Matteo Rancan), si è inginocchiato ed è stato lì un po’. Magari facessero così tutti, soprattutto i sedicenti cattolici”.

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